Il mese di agosto avanza e con lui, come ogni anno, si susseguono anche i vari festival che da più o meno tempo popolano le estati e fanno emozionare e scatenare. Molti esteri ma alcuni anche italianissimi, come il fantastico Frantic Fest! Nato nel 2017 con una prima edizione che ha stupito in maniera molto positiva, è divenuto oggi uno dei migliori festival della scena metal in Italia in merito agli artisti proposti, all’organizzazione impeccabile ed al luogo in cui si svolge. Questo festival si tiene infatti al TikiTaka Village, un centro sportivo nella cittadina di Francavilla al Mare (CH), vicino al centro del paese, comoda ad un centro commerciale con supermercato e servizi e a meno di un km dal mare, raggiungibile a piedi e infatti meta mattutina di molti visitatori del festival che scelgono il relax prima dell’azione! L’organizzazione dell’evento, ideato da Davide Straccione, è ineccepibile: dal campeggio per i visitatori, ai palchi, alla sicurezza, agli allestimenti, ai servizi, al cibo, tutto è ben studiato e progettato per funzionare puntualmente ed al meglio e anche gli eventuali problemi o imprevisti sono sempre stati affrontati tempestivamente e superati con successo. Nonostante non sia un festival “enorme”, non ha assolutamente nulla da invidiare ad altri eventi anche esteri che si tengono in estate, anzi, alcuni di essi vengono addirittura superati in qualità. Oltre a luogo e organizzazione si possono individuare altri punti di forza che donano a questo festival una marcia in più rispetto ad altri. Il costo del biglietto è sicuramente uno di questi: per tre giorni di concerti è molto onesto… decisamente alla portata di tutti gli appassionati, anche i più giovani. Poi, l’offerta di cibo e bevande è varia: affianca proposte classiche, “tipiche da concerto” (patatine, hotdog, panini) a piatti di cucina regionale e tipica del luogo, come arrosticini, panini con “ciabbotto” e frittura di mare; tutti a prezzi molto onesti e affrontabilissimi. L’area campeggio è piccola ma molto comoda, posizionata di fronte all’ingresso del villaggio e i bagni in muratura sono puliti e poco distanti. Sono anche presenti vari stand di vendita di prodotti musicali: dalle magliette ai cd, da libri e illustrazioni al merch del festival.                                                                                                                                                              Ma veniamo ora all’elemento portante che, combinato insieme a quanto sopra citato, rende questo evento così suggestivo ed interessante: la musica!

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GIORNO 1

I concerti cominciano ogni giorno alle 15:00, e fino al pomeriggio inoltrato vengono tenuti nel palco coperto, montato sotto un ampio tendone per proteggere dal sole che in questi giorni picchia abbastanza. La prima giornata si apre puntualissima con i romani Svart Vinter: band nata circa due anni fa e con un album all’attivo. Sono portavoce di un black metal melodico dai toni malinconici, dove fredda aggressività e amaro sconforto si fondono in sonorità pulite, moderne e ben studiate che lasciano trasparire buone abilità compositive ed esecutive, senza tuttavia nascondere un bel legame con il black metal più old school. Seconda band in programma sono i Bosco Sacro: un quartetto italiano fondato nel 2020 e diventati in poco tempo famosi per le sonorità proposte e la sperimentazione musicale e strumentale che portano avanti. Non si possono inquadrare in un unico genere preciso, ma spaziano in vari, amalgamandoli: ambient, trip-hop, shoegaze con dilatazioni post-rock e ritmiche che si appoggiano al doom; tutte in buona sintonia e con una carica evocativa da paura, che dà vita ad un ammaliante universo meditativo.                                                                           Si prosegue con la one man band toscana Nubivagant (letteralmente ‘errare tra le nuvole’), progetto black metal dal carattere ritualistico ed atmosferico, che ammicca al doom con riff ossessivi e tempi lunghi. Le parti di batteria sono incisive e cadenzate e il cantato è talmente fuori schema da essere affascinante. È una musicalità scorrevole e pulsante, capace di trascinare con delicata violenza nell’introspezione più profonda.                                                                                                              Cambio di scena! Sono quasi le 18:00 e si apre anche il main stage all’aperto, che vede come prima band protagonista i belgi Slaughter Messiah. Da cupe e grevi atmosfere ci buttiamo quasi dall’altra parte, investiti dalla furia anni Novanta del loro violentissimo trash-death metal! Formatisi nel 2008, sono un concentrato di energia aggressiva e cattiveria, sono riff violenti e ritmi agguerriti. Non proprio il mio genere preferito ma assolutamente apprezzabili musicalmente!                                  Rapidamente si torna al tendone per i Calligram, quintetto londinese di casa ma con membri provenienti da diverse parti del mondo. Sono esponenti di uno strano ma piacevole black metal/hardcore, propongono testi profondi e ricercati su note energiche e distruttive, che non nascondono però influenze ambient, sludge e a tratti anche jazz! Riff di chitarra da duello e ritmi mutevoli caratterizzano la composizione, accompagnati da un raffinato tocco di sperimentazione e atmosfere enigmatiche che fusi insieme risultano in una performance davvero interessante.   Anticipati sul programma a causa del volo cancellato agli islandesi Misþyrming, è ora il turno dei Dread Sovereign, progetto doom cattivissimo partorito dalla geniale mente di Alan Averill (Primordial). È un doom metal vecchio stile, grezzo e ruvido e con un chiaro richiamo al black metal sepolcrale della fine degli anni ’80. La splendida voce di Averill è sicuramente l’elemento che rapisce di più, e danza sulle note graffianti della chitarra, mentre il basso la accompagna con ritmica lenta, greve e tipicamente doom. L’unica “pecca”, se proprio vogliamo trovare un neo in questa performance più che apprezzabile, è la lunghezza estenuante dei brani proposti: si comprende la volontà di rendere il più possibile opprimente e schiacciante ogni singolo brano, ma rischiano involontariamente di risultare ridondanti e un po’ monotoni.

Lo spazio sotto il tendone si tinge ora di rosso sangue e croci, teschi e simboli esoterici popolano la scena: i romagnoli Hierophant prendono potentemente possesso dello stage e lo trasformano in un tetro palcoscenico. Urla tenebrose danno il via ad una raffica di blast beat furiosi che inondano il pubblico e lo scatenano, la batteria martellante non lascia scampo e trascina le prime file in un pogo affannato, sorretta da un muro sonoro denso, saturo, da chitarre energiche e stridenti.  È un death metal potente con particolari influenze e sonorità black, molto ben eseguito e visivamente molto ben studiato, attraverso body painting ad hoc e scenografia suggestiva. Lo spettacolo è realizzato per creare angoscia, per trasmettere rabbia e affanno. E ci riescono anche troppo bene, bravissimi!

Al main stage si svolge intanto il sound check del prossimo gruppo… Puntualissimi e attesissimi è la volta degli Harakiri for the Sky, band austriaca di enorme talento. La loro musica è poesia ed impatto emotivo, che accompagna lo spettatore in un viaggio introspettivo nella parte più profonda del suo essere. È un’odissea in un mondo di dolore che alterna momenti di quiete, con melodie eleganti, malinconiche e sospiri chitarristici, a riff solidi e aggressivi, inutile tentativo di fuga dalla sofferenza, dalla mancanza, dall’autocommiserazione. La loro musica è espressione di sofferenza, del corpo e dello spirito. Sono maledettamente bravi. Gli austriaci si evolvono in un registro difficile da definire realmente, una sorta di miscuglio tra Black, Doom e Post, ma un miscuglio che funziona molto bene e che delizia il pubblico presente. Un concerto tecnicamente perfetto ed emozionante; come ultima canzone ci regalano una cover, l’adattamento personale di “Song to Say Goodbye” dei Placebo. Sublimi.

SETLIST                                                                                                                                                          Sing for the Damage We’ve Done / Stillborn / Burning From Both Ends / Us Against December Skies / I, Pallbearer / Calling The Rain / Song To Say Goodbye (Placebo cover)

Ulteriore cambio di palco, sotto il tendone svetta una enorme croce di lampadine con un teschio sulla cima, e arrivano gli Inchiuvatu. Tra note di pianoforte e “fiscalettu” si mescolano insieme black metal sinfonico e melodie dal folklore popolare siciliano, dando vita ad un particolarissimo ed unico spettacolo. Quasi tutti i testi sono cantati in lingua siciliana, fatta eccezione per qualche occasionale incursione in inglese e italiano: il legame con le tradizioni della loro terra è solido ed è palpabile. I principali temi lirici sono il cristianesimo, l’anticristianesimo ed un profondo ed insuperabile dramma esistenziale; il loro nome ha molteplici significati (oltre al simbolismo cristico), tra cui l’incapacità dell’uomo, inchiodato ed impotente, di superare e risolvere tale dramma! Ogni spettacolo è una celebrazione rituale, è una esibizione sospesa fra teatralità e melodia, tra veli, fumo, silenzi eleganti e archi di luci che creano un’atmosfera sublimata che avvolge la band e il pubblico. Mistici. Particolarissimi!

Ritorniamo al main per i super headliner della serata: i Rotting Christ! Più di trent’anni di black metal per questa band greca che ha avuto ed ha tuttora un peso storico innegabile ed una forte identità. Da sempre dotata di un appeal particolare, in continua evoluzione, ha in repertorio pezzi trascinanti, ossessivi ed ipnotici; sono anche un’ottima band da vedere in azione: convincente, sicura sul palco, con carisma da vendere, che unita a dei suoni ben settati ha un impatto energico e veramente impressionante! Il brano (oramai classico) di apertura è 666 (2013), al quale segue quella che può considerarsi l’emblema evolutivo della band: Kata Ton Daimona Eaytoy (2013). L’imponente presenza di Sakis Tolis e del fratello Themis sul palco è affiancata da qualche anno dal giovane ed energico bassista Kostas Heliotis e dal bravissimo chitarrista Kostis Foukarakis e anche in questa occasione insieme non deludono! Il pubblico è scatenato, scapoccia e poga e si diverte insieme alla band mentre si susseguono vecchie e nuove tracce, tra cui l’epica Fire, God and Fear (2019), la melodiosa Demonon Vrosis (2010) e la dissacrante Non Serviam (1994). La performance è grandiosa, sono mostri inarrestabili ed incontenibili che suonano per un’ora abbondante e sul finale sganciano la bomba perfetta per chiudere in bellezza un’ottima esecuzione: Noctis Era (2010), un inno, un ritmo di marcia pieno di melodie di chitarra stratificate e un ritornello memorabile, come questo concerto…

SETLIST                                                                                                                                                           666 / Kata Ton Daimona Eaytoy / Fire, God and Fear / Dub-sag-ta-ke / Demonon Vrosis / Societas Satanas (Thou Art Lord cover) / Non Serviam / In Yumen-Xibalba / Grandis Spiritus Diavolos / The Raven / Noctis Era

La stanchezza ora come ora si fa sentire, ma c’è un’ultima (ma non per importanza) band che si esibisce sotto il tendone: gli islandesi Misþyrming, arrivati per un soffio, dopo il volo cancellato al mattino che avrebbe dovuto farli atterrare in Abruzzo nel primo pomeriggio, per esibirsi subito dopo i Calligram. Si sente dalle prime note che il black metal di cui sono portavoce è particolare, contorto e soffocante; non ci sono tempi morti e non c’è spazio per i dialoghi, ma ogni pezzo scorre e passa, lasciando il posto a quello successivo. Salta all’orecchio una componente melodica particolarmente accentuata in alcuni brani, mentre altri sono maggiormente ruvidi e caotici; è uno strano contrasto che in qualche modo, in alternanza, crea una sorta di traccia sinusoidale dove tutto sembra in dissonante equilibrio. La batteria ha un suono ricco, virtuoso, ma mai troppo aggressivo, la chitarra è affilata e alza spesso il tono con riff poderosi. Un ottimo black metal in stile perfettamente islandese, l’attesa ne è valsa assolutamente la pena!

Gallery a cura di Lorenzo Benzi, sfogliala qui!

Si ringrazia vivamente tutto lo staff e l’organizzazione del Frantic Fest e la No-Sun Music!!

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