Quando sono state annunciate le due date italiane di questi incredibili irlandesi la mia mente già aveva iniziato a formulare mille teorie ed altrettanti improbabili (e fallimentari) progetti per poter andare e tornare in “serata”, in un giorno infrasettimanale, alla data di Torino, senza uscire di testa e soprattutto senza andare a lavoro il giorno dopo con due ore scarse di sonno sulle spalle… Provvidenziale è stata l’introduzione postuma di una terza data a Verona! Solo un’ora da casa, comoda, facile, si grida al miracolo e ci si prepara ad essere lasciati a bocca aperta.
Seguitissimi dagli amanti del post rock e non solo, i God Is An Astronaut sono l’esempio lampante che non vi è necessariamente bisogno della voce per emozionare a livelli profondissimi; virtuosismi ed incroci di chitarre e synth creano un turbinio di note e suoni cangianti che evocano una miriade di sentimenti diversi ed a tratti opposti: infinita dolcezza, rabbiosa amarezza, spensieratezza, pesante tristezza. Anche se basterebbe solo la loro musica, i G.i.a.A. sono accompagnati da un agitato visual in bianco e nero, proiezioni di attimi e stralci di paesaggi, con strette inquadrature incentrate su dettagli (sguardi, azioni) e particolari a contrasto; perfettamente in armonia, una esibizione che è davvero un piacere a tutto tondo.
Nessuna parola, superflua in realtà, anche di presentazione di sé stessi. Salgono sul palco, un cenno di saluto, e si comincia con la splendida “Lateral Noise” (2007), che abbraccia il pubblico in maniera pacata ed avvolgente e che lo invita con gentilezza a dare un primo sguardo dentro di sé, giusto una occhiata, preludio di un intimo e delicato viaggio. Ma tale abbraccio si trasforma ben presto in una potente stretta, in una forza prevalente che trascina ogni singolo spettatore verso il sé più profondo sulle note veloci e aggressive della recentissima “Adrift” (2021), seguita dalla cadenzata e graffiante “Seance Room” (2018), e dalla struggente “Fade” (2021). Seguono grandi pezzi, in un climax emozionale ascendente, che tocca il punto massimo a metà scaletta con la superba “All is Violent, All is Bright” (2005), una esplosione di tecnica e passione quasi palpabile, esaltante e toccante. Ed è una sensazione che in maniera magistrale i G.i.a.A. riescono a non far calare nemmeno per un secondo, mantenendo alto il carico emotivo fino alla fine del concerto, dove vengono eseguite l’evocativa “Worlds in Collision” (2010) e “From Dust to the Beyond” (2002), splendido richiamo agli esordi di questa meravigliosa e complessa band. Per tutta l’esibizione si fatica quasi a respirare, con gli occhi chiusi; ci sono tante persone tutte insieme, tutte vicine sotto al palco, ma perse ognuna in un mondo proprio, lontano da questa realtà, diverso e personale. Da pelle d’oca.
L’esperienza è unica, il coinvolgimento totale. A fine concerto rimangono emozioni contrastanti: la gioia di averli rivisti, con tutto il mix di sensazioni suscitate durante l’esibizione, e l’amarezza per la fine di tutto.
SETLIST:
Lateral Noise
Adrift
Seance Room
Fade
Snowfall
Echoes
The Last March
All is Violent, All is Bright
Fragile
Suicide By Star
Frozen Twilight
Burial
Worlds in Collision
From Dust to the Beyond
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