In una delle giornate più torride dell’estate, con 40 gradi percepiti, Piazza Ariostea ha ospitato uno degli appuntamenti più attesi del Ferrara Summer Festival 2025. Ad aprire la serata, davanti a un pubblico ancora sparuto per via del caldo opprimente, ci hanno pensato i WARLORD, storica formazione epic metal americana. Sebbene penalizzati dall’orario e dalla temperatura, i veterani guidati dal chitarrista William J. Tsamis e dal batterista Mark Zonder hanno proposto un set avvincente che ha incluso brani come “Lucifer’s Hammer”, “Black Mass”, “Winter Tears” e l’immancabile “Child of the Damned”, riuscendo comunque a scaldare i motori (almeno idealmente) in vista della serata.

Setlist

  1. Lucifer’s Hammer

  2. Invaders

  3. Battle of the Living Dead

  4. Penny for a Poor Man

  5. Black Mass

  6. Mrs. Victoria

  7. Winter Tears

  8. Deliver Us From Evil

  9. Child of the Damned

A seguire, Phil Campbell and the Bastard Sons hanno alzato la temperatura emotiva – oltre a quella reale – con un set di circa 45 minuti. Il chitarrista dei Motörhead, accompagnato dai figli Todd, Tyla e Dane, ha mescolato brani originali come “We’re the Bastards” e “Dark Days” a classici immortali della band madre: “Born to Raise Hell”, “Going to Brazil” e “Ace of Spades”. La band ha adempiuto con onestà al proprio compito: quello di traghettare i presenti verso il momento clou della serata, e di omaggiare Lemmy.

Setlist

  1. We’re the Bastards

  2. Step Into the Fire

  3. Going to Brazil (Motörhead)

  4. Hammer and Dance

  5. Born to Raise Hell (Motörhead)

  6. Straight Up

  7. Dark Days

  8. Ace of Spades (Motörhead)

Alle 21:20, con “War Pigs” dei Black Sabbath come intro solenne, i JUDAS PRIEST hanno preso possesso della scena con l’impatto sonoro devastante di “All Guns Blazing”, brano d’apertura che ha immediatamente posto il livello dello show su vette altissime. Quella stessa “War Pigs”, va sottolineato, è stata pubblicata proprio ieri dalla band in versione studio, come tributo ai Black Sabbath e a Ozzy Osbourne, in vista del concerto d’addio “Back to the Beginning” che si terrà il 5 luglio allo stadio Villa Park di Birmingham. Nel video ufficiale della cover, condiviso dai Judas Priest poche ore prima dello show di Ferrara, compare anche Glenn Tipton, storico chitarrista della band, da tempo affetto dal morbo di Parkinson ma ancora presente nella vita musicale del gruppo. Peccato non averlo visto sul palco oggi per una breve apparizione.

Quello che è andato in scena a Ferrara è stato un concerto furioso e senza fronzoli: Rob Halford, 73 anni portati con fierezza, ha offerto una prova vocale incredibilmente solida, limitando i movimenti sul palco ma lasciando che fosse la sua voce a muovere le montagne. La band, compatta e in stato di grazia, ha proseguito senza pause con “Hell Patrol”, “You’ve Got Another Thing Comin’”, “Freewheel Burning” e “Breaking the Law”, portando il pubblico in estasi e dimostrando quanto l’eredità dei Priest sia ancora oggi pulsante.

Il cuore dello show ha avuto un chiaro protagonista: “Painkiller”, di cui sono stati proposti ben sette brani, in occasione del 35° anniversario dell’album. Oltre ai già citati, sono seguiti “A Touch of Evil”, “Night Crawler”, “One Shot at Glory”, “Between the Hammer and the Anvil” e la potentissima titletrack, posta in chiusura del set regolare. La scelta di costruire il concerto attorno a questo disco non è stata casuale: “Painkiller” rappresenta uno dei vertici assoluti della carriera dei Priest e ha fornito la struttura perfetta per una scaletta imponente, nella quale si sono inseriti anche momenti meno consueti come “Solar Angels”, accolta con entusiasmo dai fan più devoti.

Particolarmente toccante “Giants in the Sky”, durante la quale le immagini proiettate hanno reso omaggio agli eroi del metal scomparsi: Dio, Freddy Mercury, Janis Joplin, Lemmy Kilmister, Taylor Hawkins e molti altri. È stato un momento di comunione profonda tra palco e pubblico, un tributo sincero e sentito in cui il tempo si è quasi fermato. L’intero concerto, d’altronde, è stato un viaggio nella storia dell’heavy metal, reso ancora più potente da un suono bilanciato e nitido – finalmente, dopo i disappunti con gli Slipknot – che ha messo tutti d’accordo.

 

I bis hanno chiuso la serata nel segno della festa e dell’identità Priest: l’intro strumentale “The Hellion” ha fatto da preludio a “Electric Eye”, seguita dalla leggendaria “Hell Bent for Leather”, durante la quale Halford è entrato a cavallo della sua iconica moto, strappando l’ennesima ovazione. A chiudere, come da tradizione, “Living After Midnight”, cantata in coro da tutto il pubblico – circa 5.000 persone – in una Piazza Ariostea completamente coinvolta, stavolta senza polemiche né disagi organizzativi.

Un concerto essenziale, potente, perfettamente calibrato. Richie Faulkner e Andy Sneap sono ormai inseriti alla perfezione, Ian Hill e Scott Travis il motore che gira a mille. Senza fronzoli, senza cali di tensione, e senza la necessità di dimostrare nulla: i JUDAS PRIEST restano una macchina da guerra del metal, che continua a macinare chilometri e ad accendere cuori con un repertorio che ha fatto scuola e continua a dettare legge.


Setlist

War Pigs (Black Sabbath)

  1. All Guns Blazing
  2. Hell Patrol
  3. You’ve Got Another Thing Comin’
  4. Freewheel Burning
  5. Breaking the Law
  6. A Touch of Evil
  7. Night Crawler
  8. Solar Angels
  9. Gates of HellBattle Hymn
  10. One Shot at Glory
  11. The Serpent and the King
  12. Between the Hammer and the Anvil
  13. Giants in the Sky
  14. Painkiller

Encore:
The Hellion

15. Electric Eye
16. Hell Bent for Leather
17. Living After Midnight

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