Siamo ad uno dei concerti più attesi dell’anno… una tappa del tour dal nome “Metal Masters” che non poteva essere più azzeccato per una band che ha letteralmente creato un genere, ispirato centinaia di artisti e portato in alto la bandiera dell’heavy metal britannico da ormai più di 50 anni. Siamo al cospetto di veri e propri pilastri capaci di sfornare ben 19 album dal 1974 con “Rocka Rolla” fino al recentissimo “Invincible Shield” uscito poche settimane fa… che dire, siamo proprio di fronte ad una storia vivente. Una storia che è stata scritta da una band di Birmingham dall’ indiscutibile talento…quello di cui hanno sempre dato prova i Judas Priest.
E se dopo 50 anni la band è ancora capace di sfornare album, come appunto “Invincible Shield”, ed esibirsi su performance come quella di stasera allora siamo davvero di fronte a qualcosa di immortale. A rendere ancor più fantastica la serata troviamo un’altra colonna portante della New Wave of British Heavy Metal come i Saxon, con alle spalle altrettanti anni di carriera e con anche loro un nuovo album validissimo dal titolo “Hell, Fire and Damnation”.
E come se non bastasse, ad aprire le danze troviamo niente poco di meno che sua maestà Phil Campbell. Chitarrista dei Motorhead dal 1984 fino alla tragica scomparsa di Lemmy e il conseguente scioglimento della band nel 2015, ha poi fondato il suo progetto insieme ai propri figli dove suona dal 2016.
Ed è proprio Phil Campbell a inaugurare la serata con i suoi “Bastard Sons” Todd, Dane e Tyla, rispettivamente alla chitarra, batteria e basso e insieme a Joel Peters, che ha raggiunto la band come lead vocalist nel 2021 dopo i primi 5 anni di vita della band e due album scritti insieme al cantante Neil Starr. Energia, qualità e adrenalina sono gli elementi caratteristici di questa band, di cui è impossibile non riconoscere le influenze musicali dei Motorhead a livello strumentale. Sebbene la voce di Joel sia indubbiamente meno grezza rispetto a quella di Lemmy, non si può dire che non abbia fatto un lavoro più che egregio sulle cover dei Motorhead presenti in scaletta come “Going to Brazil”, “Born To Raise Hell” e “Ace of Spades”, che vengono intercalate da pezzi tratti dai tre album che la band ha all’attivo. Set estremamente azzeccato per dare inizio a quella che sarà una serata leggendaria.
Setlist:
We’re the Bastards
Schizophrenia
Going to Brazil (Motorhead Cover)
Freak Show
High Rule
Born To Raise Hell (Motorhead Cover)
Dark Days
Ace of Spades (Motorhead Cover)
Strike the March
Alziamo l’asticella e il peso storico per l’artista che sale sul palco come ospite d’onore di questo Metal Masters tour. I Saxon portano con loro una classe infinita e ben 24 album in carriera. Numero per pochi, una media di quasi un album ogni due anni… e che album! Sembra infatti quasi incredibile pensare che i Saxon, malgrado il riconoscimento indiscusso da parte dell’intero panorama metal, non siano mai del tutto riusciti ad ottenere la fama dei loro cugini britannici Iron Maiden, Black Sabbath, Motothead e gli stessi Judas Priest. Siamo di fronte ad una band senza tempo e sensazionale; che della classe ed eleganza, unite alle sempre impeccabili performance vocali di Biff Byford, ha costruito un patrimonio musicale che dovremo sempre venerare.
E se pezzi come “Motorcyle Man”, “Strong Arm of The Law”, “Denim and Leather”, “Wheels of Steel” e “Princess of The Night” sono capolavori senza tempo che mandano in visibilio il pubblico, i pezzi del nuovo album come “Hell, Fire and Damnation”, “There’s Something in Roswell” e “Madame Guillotine” non sfigurano affatto e dimostrano quello che questa band è ancora in grado di produrre dopo decenni di carriera. E per far capire quanto Biff sia un vero e proprio gentiluomo, basta vedere come non perde tempo per chiedere alla sicurezza di fargli consegnare un vinile di “Wheels of Steel” che un fan in prima fila gli stava porgendo insieme ad una penna per poter avere l’autografo. Biff prende il vinile, lo firma e lo riconsegna alla sicurezza che a sua volta lo ridà al fan che esplode di gioia. Piccoli gesti che fanno la differenza anche a livello umano. Ed è forse anche per questo che oltre all’indiscutibile qualità musicale i Saxon sono una band di cui è impossibile non essere affezionati.
Setlist:
Hell, Fire and Damnation
Motorcycle Man
Scarifice
There’s Something in Roswell
And The Bands Played On
Madame Guillotine
Heavy Metal Thunder
Strong Arm of The Law
747 (Strangers in the Night)
Denim and Leather
Wheels of Steel
Princess of the Night
Giunge il tanto atteso momento… un telone che riporta un messaggio di fratellanza scritto con la grafica dell’ultimo album “Invincible Shield” nasconde la parte centrale del palco dove, dopo l’intro di “War Pigs” dei Black Sabbath cantata da tutto il pubblico presente, si alza e appaiono Rob Halford, Scott Travis, Ian Hill, Richie Faulkner e Andy Sneap, con gli immancabili abiti di pelle nere e borchie luccicanti sulle note di “Panic Attack”, singolo dell’ultimo album e pezzo che incarna alla perfezione la migliore scelta possibile di un opening track da concerto.
Ed ecco che non poteva essere altrimenti… è Rob a rubare la scena, il nostro Metal God, una presenza praticamente divina al centro del palco che si destreggia su acuti da capogiro fin da subito. Neanche il tempo di emozionarsi nel vedere i nostri idoli sul primo brano che parte un trittico di pezzi che hanno fatto la storia della discografia dei Judas Priest e che mandano in estasi tutto il pubblico presente. “You’ve Got Another Thing Coming”, “Rapid Fire” e “Breaking The Law”. È quasi strano avere pezzi di questo calibro così presto in scaletta, ma d’altronde la discografia dei Judas è talmente piena di capolavori che non esistono praticamente brani fillers. In ogni caso questa scelta non fa che caricare il pubblico ancor di più, accompagnando Rob a squarciagola sui ritornelli di ogni pezzo.
Dopo l’apprezzatissimo salto in avanti nel tempo con “Lightning Strike” e l’esclusivo “Devil’s Child” cantato per la prima volta in questo tour, si ritorna alle origini della band con “Saints in Hell”. Brano del 1978 uscito praticamente mezzo secolo fa… viene la pelle d’oca solo a pensare che stiamo assistendo ad una band che vive da 5 decadi e che ha un cantante che a 72 anni è ancora in grado di sfoderare queste performance! Dopo la bellissima ballad di Invincible Shield “Crown of Horns” con cui è impossibile non emozionarsi, giunge il momento del pezzo che ha riscosso la maggior partecipazione del pubblico e dove Rob ha letteralmente incantato per tutto il brano… “Turbo Lover” è un vero e proprio inno della band e stasera è stata la punta di diamante di questo set!
Instancabili, continuano il loro set donando alle migliaia di fan solo qualità sopraffina.
La chitarra di Richie Faulkner è qualcosa di spettacolare che rende ogni pezzo dei Judas pura poesia, senza alcuna sbavatura e di una precisione impeccabile, come sempre dettata dal metronomo umano Travis Scott. “Invincible Shield”, “Victim of Changes” e la cover di “The Green Manalishi” dei Fleetwood Mac sono i pezzi che precedono il momento più atteso della serata, preannunciato proprio da Travis che chiede al pubblico che cosa vorrebbe sentire…e la risposta è stata univoca “Painkiller”. Questo pezzo potrebbe essere definito l’apoteosi di ogni brano metal; velocità di esecuzione impressionante, riff ipnotico, acuti spaventosi lo rendono la pura essenza non solo dei Judas Priest, ma dell’intera storia dell’Heavy Metal. E stasera la band l’ha suonata come la prima volta 34 anni fa… leggendari! Si spengono le luci ad eccezione dell’enorme tridente luminoso simbolo dei Judas presente sopra il palco ed inizia un finale da brividi! “Electric Eye”, “Hell Bent For Leather” con l’immancabile entrata sul palco di Rob in Harley Davidson, “Metal Gods” e “Living After Midnight”, di cui questi ultimi due onorati dalla presenza alla chitarra di Glenn Tipton, storico chitarrista della band, oggi purtroppo affetto dalla malattia di Parkinson, che lo ha leso nel fisico ma non nella sua anima di musicista. Tanto di cappello e onore a Glenn per aver voluto essere ancora presente in questo tour e continuare a suonare malgrado tutte le difficoltà.
“Priest will be back”… è con questo messaggio che i Judas ci salutano; un lungo applauso accompagna la loro uscita di scena.
Beh che dire, una serata epica sotto ogni punto di vista… i Judas Priest sono stati capaci di portare sul palco qualcosa di leggendario! Finisce un concerto carico di emozioni, un evento che rimarrà impresso in tutti i presenti per molto tempo, perché quello che abbiamo appena visto è stato qualcosa di straordinario che va al di là di una performance con i controfiocchi.
Mi sono sentita fortunata, come credo la quasi totalità dei presenti, di aver potuto assistere ad un evento di questo calibro artistico.
A presto “Metal Gods”.
Setlist:
Panic Attack
You’ve Got Another Thing Comin’
Rapid Fire
Breaking the Law
Lightning Strike
Devil’s Child
Saints in Hell
Crown of Horns
Turbo Lover
Invincible Shield
Victim of Changes
The Green Manalishi (Fleetwood Mac Cover)
Painkiller
Encore:
Electric Eye
Hell Bent for Leather
Metal Gods
Living After Midnight
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