SPV – Febbraio 2007

Manowar, “Gods of War”. Ottimo. Se fosse la colonna sonora di un film fantasy sul genere del ‘Signore degli Anelli’, questo disco sarebbe perfetto per accompagnare gli epici scontri di cui è ricca la pellicola. Ma qui ci troviamo di fronte ad un album di heavy metal e gli aggettivi da usare per descriverlo sono ben altri: pessimo, deludente, noioso.

E forse proprio quest’ultimo termine è quello che meglio rende l’idea: infatti la prima vera canzone la si ascolta dopo quasi nove interminabili e pallosissimi minuti di intro. La song in questione è “King of Kings”, che non è neanche male, ma troppo somigliante alle loro ultime produzioni del tipo “House of Death” o “Hand of Doom”; ma perlomeno è veloce e riesce a spezzare la monotonia venutasi a creare con i primi due pezzi(?). Ma è un’illusione, perchè la noia torna a farla da padrona con un’altra intro alla quale, però, fanno seguito “Sleipnir”, classico pezzo Manowar dal ritornello accattivante e con un bel riff, e “Loki God of Fire” che è un pezzo senza infamia e senza lode, ma che almeno non è una intro. “Blood Brothers” lenta e pallosa sulla falsa riga di canzoni come “Courage”, ma con la quale non ha niente a che vedere, è seguita da altri sei minuti di noia mortale che ci fa arrivare a “Sons of Odin”, il primo singolo dell’album edito già  da qualche mese e dalla modestia imbarazzante. “Glory”, “Majesty”, “Unity” rifà  il verso a “The Warriors Prayer” anche se il paragone non sussiste minimamente, ha il solo merito di introdurre “Gods of Metal”, dal ritmo cadenzato ed incalzante nella quale ben si sposano anche le parti orchestrali e che può essere annoverata tra le poche cose ben fatte dell’album, cosa questa non difficile visto la piattezza del resto, come ad esempio la successiva “Odin” che cerca di essere sulla stessa scia della title track ma è molto meno coinvolgente. Ed infine si arriva, trascurando altre insensate intro, alla bonus track “Die for Metal”, che riprende il motivo di “Kashmir” dei Led Zeppelin e questo, a mio parere, fa capire lo stato confusionale nel quale riversa attualmente il quartetto di New York.

Sono passati cinque anni dall’ultima fatica in studio dei Manowar, cinque anni durante i quali i nostri hanno pubblicato una miriade di dvd, addirittura anche uno in cui Eric Adams ci mostra le sue battute di caccia, e per questo era lecito aspettarsi non un qualcosa in più, ma ‘qualcosa’: quest’album è incredibilmente inutile. I maligni affermano che ormai i Manowar sono accettabili esclusivamente in versione live, dove offrono sempre grandi performance, perchè in studio hanno ben poco da proporre. Ascoltando questo lavoro penso che siano stati proprio loro a mettere in giro queste voci, e che il disco sia stato pubblicato esclusivamente per esigenze contrattuali.

P.S.: Chi ha scritto la recensione è da sempre un loro grande fan…

www.manowar.com

Traklist:
1. Overture to the Hymn of the Immortal Warriors
2. The Ascension
3. King of Kings
4. Army of the Dead, Pt. 1
5. Sleipnir
6. Loki God of Fire
7. Blood Brothers
8. Overture to Odin
9. The Blood of Odin
10. Sons of Odin
11. Glory Majesty Unity
12. Gods of War
13. Army of the Dead, Pt. 2
14. Odin
15. Hymn of the Immortal Warriors
16. Die for Metals

Band:
Eric Adams – voce
Karl Logan – chitarra
Joey Demaio – basso
Scott Columbus – batteria

 

 

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