Ho ascoltato “The Dark Side Of The Moon Redux”, la rilettura, ad opera di Roger Waters, di una delle pietre miliari dei Pink Floyd, che uscirà il prossimo 6 ottobre.

Inutile analizzare traccia per traccia il disco, le canzoni le conosciamo tutti e sono state esattamente rivestite con gli abiti che ci aspettavamo.

Voglio quindi fare un’analisi più generale sul nuovo lavoro del cantautore inglese.

Mentre nel 1973, l’album, suonava come un inno rock, atto a risvegliare le coscienze e spronare le persone, verso una reazione contro quel sistema, che le voleva allineate e rassegnate, oggi, nel 2023, assistiamo a un album costellato da continue digressioni, che ci spingono, ad una lettura più riflessiva ed intimista dei brani.

Va da sé, che l’interpretazione, di quelli che all’epoca erano dei trentenni, faccia largo ad una visione più introspettiva ed una versione più meditativa dei contenuti.

Ecco che Waters, fresco ottantenne, ci propone una versione più cupa e minimalista del capolavoro dei Pink Floyd.

Roger Water live

L’autore sostiene che con “Redux”, l’opera, porti con sé un messaggio più positivo e di speranza, rispetto alla versione originale. In realtà, su questo fronte, non mi trovo d’accordo, perché, se l’album del 1973 mi sembrava un monito al pericolo di un’esistenza afflitta ed uno stimolo ad alzare la testa e ribellarsi, oggi mi pare più un canto del cigno, di un uomo, che per ovvie ragioni anagrafiche, si trova a fare un bilancio della sua esistenza.

La domanda che sorge spontanea a tanti probabilmente è: si sentiva veramente il bisogno, di andare a mettere le mani su un lavoro di tale spessore artistico, che era già perfetto com’era ed al quale difficilmente si possa donare una seconda vita migliore della prima?

Io credo che la risposta stia nel modo in cui ci si voglia approcciare alla rivisitazione. Se lo si fa mettendo a confronto le due versioni, limitandosi a giudicare migliore e peggiore, credo che sia già scontato l’esito del paragone. Se si riesce nell’esercizio di allontanarsi un po’, da quello che, per cinquant’anni, è stato un punto fermo nella storia del rock, avvicinandosi al nuovo lavoro con la curiosità di addentrarsi in quelle che possono essere le riflessioni del Roger anziano, allora, questa nuova versione, potrebbe risultare interessante.

Roger Waters

The Dark Side Of The Moon Redux”, come era lecito aspettarsi, è stata privata di quelle parti di chitarra solista, interpretate da Gilmour, che contraddistinguevano alcune parti dei brani, inoltre, assistiamo ad un evidente cambiamento generale delle sonorità. Waters, utilizza molto il parlato come riempimento, dando vita ad un disco dove il racconto si sostituisce un po’ alle melodie. A mio parere però, il racconto, che secondo Waters, dovrebbe far risaltare il tema centrale, si sostituisce un po’ troppo ai suoni ambient, togliendo potenza alle musiche. Se è vero che durante i live, coadiuvato dalla notevole presenza di immagini, che nei suoi spettacoli contribuiscono a creare un’esperienza immersiva, i suoi racconti donano teatralità e profondità agli show, nel disco, finiscono invece per rivelarsi ingombranti. Il risultato, come ho già detto, è quello di dare un taglio molto più di carattere riflessivo alle canzoni, ma a me, in alcuni tratti,  ha suscitato anche un po’ una sensazione di solitudine e di tristezza.

In conclusione, ritornando ancora alla domanda posta sopra, secondo me il disco regala un punto di vista differente da quello precedente e vale la pena ascoltarlo. È un po’ come una di quelle fotografie scattate da giovani, tra amici, che a distanza di molti anni vengono rifatte, nelle stesso luogo, con le stesse pose. Non possiamo pretendere di ritrovare i protagonisti più belli e più giovani, magari mancherà qualcuno, forse anche il paesaggio sarà cambiato col tempo. Possiamo fermarci a constatare i segni dell’età, le mancanze, le differenze, criticare, ritenendolo un un goffo tentativo di replica, oppure apprezzare, accogliendo il cambiamento con il sorriso, con la curiosità rivolta al presente, senza curarci troppo di quello che è stato.

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