Dopo qualche anno di assenza dai palchi europei, i The Cure di Robert Smith fanno il loro ritorno con l’attesissimo “Lost World Tour”, iniziato a Riga il 6 ottobre 2022 e il quale li terrà occupati fino circa a metà dicembre; le date italiane sono quattro, iniziando da quella del 31/10 a Bologna, la quale ha fatto sold out in prevendita a cinque giorni dalla serata, lasciando qualche fan che si aspettava di acquistare il biglietto all’ingresso a bocca asciutta!

D’altronde, dal 1979, anno di uscita del primissimo disco “Three Imaginary Boys”, sono passati ben 43 anni. Anni in cui I Cure si sono fatti larga strada, sono cresciuti, sono evoluti e hanno attratto a loro una generazione dietro l’altra, rendendo assolutamente plausibile (e anzi, quasi ovvio) l’esaurimento dei biglietti!

La cornice della prima data italiana del “Lost World Tour” è l’Unipol Arena di Bologna, la quale si ritrova abbastanza piena già durante l’esibizione del gruppo di apertura, i The Twilight Sad, gruppo scozzese fondato negli anni 2000 da James Graham e Andy MacFarlane, (rispettivamente voce e chitarra) particolarmente degno di nota, tanto che lo stesso Robert Smith nel 2016 lo ha voluto al suo seguito nel tour americano, e così pure quest’anno nel tour europeo.

La prima ora di questa incredibile serata passa veloce tra sonorità post-punk, dark wave e post rock, che si intrecciano a giochi di luce in un visual moderno molto azzeccata ed accattivante.

Arriva il cambio palco: sono le 20:10 e l’Arena è gremita, le gradinate sono ordinatamente piene e il parterre brulica di spettatori in attesa. Non stupisce l’eterogeneità del pubblico, vi sono persone di tutte le età: dalla coppia di signori vicini alla settantina che un po’ in disparte è pronta a godersi lo spettacolo, a gente di mezza età che attende impaziente l’inizio del concerto, a giovani emozionati (tra cui noi!) che tentano un po’ a fatica di raggiungere la posizione più vicina al palco.

Le 20:16, le luci si spengono, un suono di pioggia scrosciante inonda l’Arena e in breve tempo appaiono sul palco i The Cure, avanti a tutti Robert Smith con la chitarra al collo, il classico trucco marcato e il rossetto, l’inimitabile carisma, che in uno diluvio di applausi inaugura il tour in Italia con “Alone”, un pezzo inedito del nuovo album nominato “Songs Of The Lost World” che ancora deve uscire e di cui non abbiamo ancora notizie certe.

Seguono a ritmo serrato dei classici grandissimi: Pictures of You (1989), A Night Like This (1985), Lovesong (1989)… Ogni pezzo è accompagnato da un visual cucito a regola d’arte sulle note e sulle parole, enfatico, evocativo, quasi sinestetico. Il pubblico è euforico, canta, salta, si sbraccia e l’emozione è tangibile.

Dopo un’ora e mezza ininterrotta di concerto, finita la stupenda From the Edge of the Deep Green Sea (1992), viene suonata Endsong, altra particolare novità contenuta nel nuovo album, per poi compiere una breve pausa.

Si riprende. L’atmosfera cambia, sullo schermo lo sfondo si fa cupo e appare una giostra malmessa, che gira al ritmo di una melodia malinconica. E’ un altro inedito, che stavolta a differenza dei precedenti colpisce al cuore e costringe l’Arena intera al silenzio: I Could Never Say Goodbye, brano forte ed emozionante che parla della perdita di una persona amata, e che Robert ha scritto successivamente alla recente perdita del fratello:

Something wicked this way comes/From out the cool November night/Something wicked this way comes/To steal away my brother’s life/Something wicked this way comes/I could never say goodbye

Finita la canzone vi è un momento di sgomento tra il pubblico, poi un immenso applauso e a risollevare l’animo un po’ ammaccato troviamo immediatamente altri due enormi classici: Faith (1981) e A Forest (1980), accompagnati da visual al limite dello psichedelico!

Segue un’altra breve pausa prima degli ultimi 20 minuti di spettacolo, i quali sono ancora più dirompenti e carichi dell’inizio! La parte finale si apre con Lullaby (1989), segue The Walk (1983), poi Robert guarda il pubblico ed esclama canticchiando “It’s Mondaaay… and I don’t care”; l’Arena coglie immediatamente la sottigliezza ed esplode sull’apertura di Friday I’m in Love (1992): tutti saltano e ventimila voci diventano una per cantare con Robert Smith “I don’t care if Monday’s blue/Tuesday’s grey and Wednesday too/Thursday, I don’t care about you/It’s Friday, I’m in love!”

Seguono altri classici intramontabili: Close to Me (1985), In Between Days (1985), Just Like Heaven (1987), che riportano il pubblico direttamente negli anni ’80, fino alla conclusione con un pezzo che di storia ne ha fatta tanta e continuerà a farne, Boys Don’t Cry (1980).

Una emozione unica, due ore e mezza di concerto dove non si può non constatare come l’età sia solo una ridicola questione di numeri per Robert Smith, che anno dopo anno, epoca dopo epoca, genere dopo genere, riesce sempre ad emozionare e travolgere il pubblico, di ogni età, con il suo spirito punk e la sua voce inimitabile.

Hanno lasciato il palco tra gli applausi, le tribune in piedi per omaggiare i grandi The Cure.
“See you soon!” ha detto Robert prima di sparire dietro il palco. E io lo spero proprio!

SCALETTA 

Alone
Pictures of You
A Night Like This
Lovesong
And Nothing Is Forever
A Night
A Strange Day
The Hanging Gardner
The Last day of Summer
Cold
Burn
Push
Play for Today
Primary
From the Edge of the Deep Green Sea
Endsong

I Can Never Say Goodbye
Faith
A Forest

Lullaby
The Walk
Friday I’m in Love
Close to Me
In Between Days
Just Like Heaven
Boys Don’t Cry

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