28 Aprile 2023 – Long Pond

11 carezze.

Le undici canzoni che compongono l’ultimo lavoro dei The National sono quanto di più “The National” ci si possa aspettare, nel bene e nel male. Nel bene perché i nostri sanno benissimo muoversi nei territori nei quali navigano ormai da più di 20 anni, nelle suggestioni e nelle atmosfere tanto care agli amanti di questo gruppo; nel “male” (volutamente tra virgolette perché si tratta di punti di vista) perché quel mondo sonoro fatto di melodie semplici e minimali, ritmi rarefatti, sporadici ed eterei inserti di chitarre, può per qualcuno rappresentare una gabbia fatta di “more of the same”, che riporta il gruppo ai suoi lavori più intimisti, e lo allontana dalle derive prese recentemente, elogiate da alcuni, detratte dai più.

Matt Berniger viene da un momento di profonda crisi, un blocco creativo sciolto anche, sembra, dall’aiuto del libro “Frankenstein” di Mary Shelley (da qui il nome all’album). Sembra che il superamento di questa crisi lo abbia portato verso lidi conosciuti e confortevoli; e non è un male, perché in questa veste i The National sono se stessi al 100%. Non ci sono la splendida ruvidezza e gli splendidi spunti di “The Boxer”, ma brani più misurati e controllati.

L’introduttiva “Once Upon A Poolside” apre il disco con una melodia struggente ed un testo malinconico e romantico, e, nella sua semplicità ed efficacia, resta uno dei punti più alti del disco (anche grazie al sigillo di Sufjan Stevens).

Le atmosfere delicate e soffuse del disco sono dettate dal pianoforte quasi sempre presente, arrangiamenti semplici, liriche a volte cantate, a volte quasi sussurrate da un Matt Berninger che racconta schegge di quotidianità, dei suoi blocchi creativi e dei suoi tentativi di arginarli.

Si “staccano” dall’insieme e restano impressi i pezzi che si discostano dal resto, quelli più ritmati nei quali fanno capolino anche le chitarre, il singolo “Tropic Morning News“, fresco e piacevolissimo, e “Grease In Your Hair“, puro distillato The National. La delicatissima “Ice Machine” ci ricorda il perché i The National vengono da sempre presi ad esempio quando si parla di classe ed eleganza.

C’è un però, e non è da poco, ed è rappresentato dal fatto che il rischio è quello di perdersi, in questo disco, che è certamente ben suonato, ispirato ed arrangiato, ma anche potenzialmente molto monotono; il fatto di suonare molto, forse troppo come i The National più intimisti, comincia a pesare già a metà dell’opera, scevra di guizzi creativi particolari o idee nuove, ma ben salda su binari già rodati e sicuramente confortevoli per il gruppo. L’apporto di Taylor Swift e Phoebe Bridgers, per quanto prezioso, non aggiunge nulla di eclatante a tre canzoni molto belle, per carità, ma che sanno tutte un po’ di già sentito.

Un disco molto “classico” nello stile dei The National, assolutamente elegante e ben scritto, ma che alla lunga risulta un po’ difficile, nella sua linearità.

Piacerà sicuramente a chi li ama da sempre, risulterà forse un po’ monotono per altri.

 

Tracklist
1 – Once Upon A Poolside (feat. Sufjan Stevens)
2 – Eucalyptus
3 – New Order T-Shirt
4 – This Isn’t Helping (feat. Phoebe Bridgers)
5 – Tropic Morning News
6 – Alien
7 – The Alcott (feat. Taylor Swift)
8 – Grease In Your Hair
9 – Ice Machines
10 – Your Mind Is Not You Friend (feat. Phoebe Bridgers)
11 – Send For Me

The National – performance
Matt Berninger
Aaron Dessner
Bryce Dessner – orchestration
Bryan Devendorf
Scott Devendorf
Benjamin Lanz – touring member
Kyle Resnick – touring member

Featured vocalists
Sufjan Stevens (1)
Phoebe Bridgers (4, 10)
Taylor Swift (7)

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