A distanza di “California“, disco uscito nel 2016 e primo lavoro col cantante/chitarrista Matt Skiba, tornano sul mercato discografico i Blink-182. “Nine” è stato preceduto da diversi singoli ed è stato registrato dall’Aprile 2018 al Giugno 2019.
E’ sicuramente un disco in cui i due componenti superstiti Travis Barker e Mark Hoppus (il terzo storico componente, Tom DeLonge è ormai piùinteressato alla ricerca degli alieni e ai suoi Angels & Airwaves, attivi anche prima del primo scioglimento di metà anni 2000 della band) e il “nuovo arrivato” Matt Skiba (amico della band e membro storico degli Alkaline Trio) stravolgono molti loro credi musicali, senza comunque “sputtanarsi” del tutto.
Innanzitutto non è un disco che può avere una precisa connotazione di genere. Ci sono elementi tipici del loro sound “punk che strizza pesantemente l’occhio al pop”(come lo definirei io), ma ci sono anche elementi tipicamente pop, elettronici e darkeggianti. Quindici tracce che forse non saranno amate dai fans intransigenti della band che daranno la loro indiscussa preferenza al progetto di Tom od altri gruppi, ma che comunque testimoniano la volontà di cambiare.
Ormai Travis Barker collabora da moltissimo con ogni genere d’artista: dj, icone pop che piacciono a giovanissimi come Camila Cabello o idoli rap come Machine Gun Kelly (noto a molti per la sua magistrale interpretazione di Tommy Lee nel recente biopic sulla vita dei Motley Crue “The Dirt”). Forse questo, insieme alla presenza del duo “The Futitics” (noti in campo dance e hip hop) che hanno prodotto questo disco insieme al confermato produttore di “California”, John Feldmann e a Tim Pagnotta, leader della band pop punk “Sugarcult”, imprime un certo marchio di fabbrica al lavoro. I Blink 182 vogliono restare al passo con le sonorità che vanno per la maggiore nell’industria discografica, ma contemporaneamente non vogliono certo snaturarsi.
Sono consapevoli che la spensieratezza totale di “Enema of the state”, disco che li portò al successo negli anni ’90 è andata ormai via e sono anche persone sposate che hanno avuto in vita loro anche grandi tragedie (mi riferisco all’incidente aereo di Travis, dove ci furono varie vittime e lui rimase gravemente ustionato). Un certo rinnovato impegno politico contro il nefasto Presidente Donald Trump e tematiche sociali in favore di ambiente e via dicendo, influenzano molto anche i testi di Skiba, a volte malinconici e oscuri.
Di certo, non aspettatevi di leggere testi totalmente intrisi di impegno militante visto che fortunatamente (per il loro background) la voglia di divertirsi ed essere ironici riappare diverse volte. Contaminazioni elettroniche e rallentamenti di tempo improvvisi, uniti alle loro tipiche cavalcate chitarristiche e potenti rollate di bacchette cominciano già dall’opener “The first time“, che va quasi a riprendere idee presenti nel cd del 2003 “Untitled”, dove la band già tentava di reinventarsi musicalmente senza perdere di vista il sound che l’aveva resa famosa e contraddistinta.
Singoli quali “Happy days” e l’attuale programmatissimo “Darkside“, sicuramente saranno destinati ad essere ricordati a lungo dai fans ed essere cantati a squarciagola ai concerti. “Darkside” è un pezzo davvero ballabilissimo e vincente dal primo ascolto, con un ritornello molto potente e scandito che ti si attacca addosso e non ti molla piùe che ha vari tempi al suo interno. “Heaven” ti farà fermare a riflettere sul fatto che negli Usa, acquistare un’arma è piùfacile che andare a mangiare una pizza ed è una canzone che riesce col cantato di Skiba e alcuni suoi ottimi passaggi di chitarra a conquistarti.
Anche se appunto DeLonge è uscito dal gruppo (parafrasando Frusciante) e anche se la band flirta decisamente con alcune sonorità elettroniche presenti nel primo singolo “Blame it on my youth“, è ancora riconoscibilissima tra tante. Ascolti un pezzo in radio, sui numerosi social ormai presenti e piattaforme e riconosci subito che sono loro. Probabilmente il trio sarebbe il primo ad essere scoperto in un’ideale partita a “Nascondino”. Aggiungiamo poi nella ricetta di questo “Nine”, anche pezzi davvero brevi e cattivi quali “Generation divide“, dominati dalla grintosa batteria di Travis Barker.
Alcuni pezzi sono pericolosamente pop e ti aspetti da un attimo che appaiano Lil Wayne Wayne assai commerciale con cui hanno fatto un tour) o Shawn Mendes, idolo di molte adolescenti. “Run away” è l’esempio lampante, anche se fortunatamente la band verso il finale si mette a correre come un bel Lamborghini in autostrada. Altro episodio che mi sento di segnalare è la traccia n. 11, “No heart to speak“, connubio assai riuscito di punk misto a contaminazioni elettroniche e qualche campionamento qua e là . Skiba è davvero un valido cantante , anche se probabilmente molti rimpiangeranno ancora Tom DeLonge. Il pezzo finale “Remember to forget me” è un piccolo gioiellino. Una gran bella ballad con alcune sonorità spagnoleggianti sparse qua e là e con precisissimi passaggi di batteria di un davvero indemoniato Barker.
La storia va avanti per entrambe le parti e sono certo che in caso di futuro concerto in Italia del trio americano, molti fans accorreranno felici a supportarli e canteranno anche i pezzi presenti di questo dignitoso disco che risponde al nome di “Nine”, insieme ai vari classici tipo “All the small things”, “Rockshow”, “Adam’s song”, “What’s my age again?”, tanto per citarne alcuni.
Recensione di Mauro Brebbia
Tracklist
The First Time ”“ 2:26
Happy Days ”“ 2:59
Heaven ”“ 3:17
Darkside ”“ 3:00
Blame It on My Youth ”“ 3:05
Generational Divide ”“ 0:49
Run Away ”“ 2:27
Black Rain ”“ 2:46
I Really Wish I Hated You ”“ 3:11
Pin the Grenade ”“ 2:59
No Heart to Speak Of ”“ 3:40
Ransom ”“ 1:25
On Some Emo Shit ”“ 3:09
Hungover You ”“ 2:58
Remember to Forget Me ”“ 3:29
Band
Matt Skiba (voce e chitarra);
Mark Hoppus (basso);
Travis Barker (batteria, piano e batteria elettronica).
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