2024 – BMG

Instillata a forza di dosi via via crescenti di genuina audacia, la discografia solista di Dickinson non si è mai appiattita su modalità prevedibili, dando invece dimostrazione di un provvidenziale eclettismo che (se, di mezzo, non ci fosse stato il ferreo tradizionalismo di Steve Harris) avrebbe invece portato giovamento alla sua storica band.

A ben diciannove anni dal solido Tyranny Of Souls, l’iconico frontman ritorna con un progetto ambizioso il cui chiaro impianto HM getta un ponte emotivo verso un prog cerebrale.

The Mandrake Project ti sbatte in faccia tutta la carismatica legacy del suo autore ma, soprattutto, riesce nella sorprendente impresa di suonare credibilmente contemporaneo, più di qualsiasi cosa abbiano pubblicato i Maiden negli ultimi anni e tutto questo senza far ricorso a patetiche forme di lifting generazionale.

Altri, al posto di Dickinson ed a parità di anzianità di servizio, avrebbero realisticamente gestito la complessità del concept (un pastiche fantasy/sci-fi adeguatamente sviluppato dalla graphic novel associata al progetto) in modo grossolano e sbrigativo, umiliando le ambizioni teatrali del progetto con una regia da recita scolastica.

Il songwriting (in più episodi condiviso con il fido Roy Z) riesce lucidamente a mappare, in modo narrativamente coerente, tutti gli snodi della complessa sceneggiatura. La produzione, assai più aggressiva rispetto al solito, è inoltre meticolosamente attenta alla credibilità di un risultato finale che suona coeso come un santuario di granito piovuto dal cielo.

E’ inevitabile che il tempo abbia lasciato il suo segno sulla voce ma le accordature ribassate, oltre ad ingrossare adeguatamente la sorprendente rassegna di efficacissimi riff, giovano ad una performance serratissima e mai fuori fuoco. Tra il sabathismo di Resurrection Man e la struggente epica di Shadows Of The God, la tracklist è decisamente avara in quanto a filler.

Come già spiegato ed annunciato nel 2015, in occasione di varie interviste legate al lancio di The Book Of Soul, c’è anche posto per una (eccellente) versione di If Eternity Should Fail, con un vestito ed un testo funzionali alla storyline, per l’occasione ribattezzata Eternity Has Failed. Un modo, certamente involontario, di offrire ai fan, sul piatto d’argento, un argomento di dibattito dagli esiti potenzialmente divisivi. Non era affatto scontato ma quello di The Mandrake Project è il miglior Dickinson solista ascoltato sino ad oggi, adesso qualcuno provi a spiegarlo ad Harris.

8/10

Tracklist
01. Afterglow of Ragnarok
02. Many Doors to Hell
03. Rain on the Graves
04. Resurrection Men
05. Fingers in the Wounds
06. Eternity Has Failed
07. Mistress of Mercy
08. Face in the Mirror
09. Shadow of the Gods
10. Sonata (Immortal Beloved)

Musicisti
Bruce Dickinson – voce solista (tutte le tracce), chitarra acustica (tracce 4, 8), bongo (4), tastiere aggiuntive (6, 7), percussioni (6)
Roy Z – basso, chitarra
Dave Moreno – batteria
Mistheria – tastiere
Chris Declercq – chitarra solista (traccia 3)
Gus G – chitarra solista (traccia 6)
Sergio Cuadros – fiati (traccia 6)

 

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