Ogni volta che ascolto “In Rock”, quarto album dei Deep Purple, rimango semplicemente estasiato. Il disco è il n.4 della storica band inglese ed è semplicemente un disco ambizioso e diverso per l’epoca.
Giusto oggi, ricorrono 50 anni dalla sua pubblicazione e la sua bellezza rimane immutata anche dopo tanto tempo.
Un disco che ci colpisce fin dalla copertina, raffigurante gli “allora giovani” Deep Purple raffigurati con i loro capelli lunghissimi e volti, sul mitico Monte Rushmore al posto di 4 storici Presidenti americani, George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosevelt ed Abraham Lincoln.
Da quel lontano 3 Giugno 1970, l’hard rock si è evoluto in una miriade di generi,sottogeneri ed influenze, ma questo disco è certamente ancora nella storia come gli altri dischi pionieri del genere, “Led Zeppelin II” e “Paranoid” dei Black Sabbath.
All’epoca,competere con le band hard rock inglesi era praticamente una battaglia persa. Ricerche sonore, abilità tecniche,look, epicità di testi e via dicendo.
“Speed King” da’ inizio a questo capolavoro e viene ricordato per una delle intro piùfamose del rock grazie alle distorsioni dell’organo del mai compianto abbastanza Jon Lord e dal folletto della Stratocaster, Mr Richie Blackmore. Un pezzo assai tirato, che spesso si trasforma in una jam quasi di stampo jazzistico e che viene ricordato sicuramente tra i pezzi fondamentali della storia della musica.
“Bloodsucker“colpisce ai fianchi col suo incedere blues in alcuni tratti e quasi funkeggiante in altri. Incredibile è il giro di basso di Roger Glover che va ad introdurre ancora un incredibile sfida tra Lord e Blackmore. Il pezzo viene eseguito ancora dal vivo e sicuramente Gillan la canta con diversi toni piùbassi, mentre Steve Morse e Don Airey riescono invece a rendere giustizia alle parti originali composte da Richie Blackmore e Jon Lord.
Non ci si può invece inchinare davanti alla struggente ed evocativa “Child in Time“, con acuti di Ian Gillan, davvero pazzeschi e con la band che regala momenti di pura libidine sonora . 10 e passa minuti di totale estasi. Un pezzo, che mi rimanda direttamente alla mia adolescenza e alle feste in casa con gli amici. Le prime birrette e altro, le luci soffuse e questa canzone da pelle d’oca, che veniva sparata a volumi stratosferici dall’impianto stereo. Questo brano segna la fine del lato A del disco originale e quindi passo a raccontarvi le mie emozioni analizzando anche il lato B di questo capolavoro.
Si inizia con la ritmatissima “Flight of the Rat“, una canzone davvero carica ed anch’essa assai lunga, visto che dura quasi otto minuti. Un pezzo che voglio ricordare anche per un improvvisato assolo di Mr Ian Paice, ad un certo punto. Direi che la ricetta non varia e come sempre anche qui, Richie e Jon viaggiano a velocità supersoniche, coadiuvati dalla sezione ritmica di Roger e Ian.
Attorno ai quattro minuti,parte uno degli assoli più’belli di Blackmore in questo lavoro e ad un certo punto sembra tracciare la strada per ‘distortori’ futuri degli anni 90, uno tra tutti Mr Tom Morello, che ha attinto a piene mani dalle sperimentazioni sonore di Blackmore.
Segue “Into the Fire“, pezzo che dura tre minuti e trenta secondi, molto cadenzato e scoppiettante. Probabilmente il pezzo piùsensuale del lavoro, con l’ugola di Gillan che sembra invitare la piùtimida delle donne a spogliarsi per lui. Un pezzo dominato dal basso di Roger Glover, con la band che jamma attorno alle sue note. Anche qui, altro assolo storico di Blackmore.
“Living Wreck” e “Hard Lovin’ Man“, chiudono degnamente il lavoro, ripubblicato poi nel 1995 in una fiammante edizione per i venticinque anni e con una marea di tracce bonus, principalmente versioni alternative e semplici prove in studio. La prima “Living Wreck” è probabilmente il pezzo piùdebole del lavoro. Un pezzo “filler”, che si fa ricordare soltanto principalmente per l’organo di Jon Lord e con i vari cambi di tonalità di Ian Gillan.
“Hard Lovin’ Man” conclude degnamente il lavoro con sette minuti di cavalcata sonora e duelli musicali tra i vari componenti della band, che sembrano costruire le fondamenta anche per il futuro heavy metal. Batteria suonata a velocità siderale, basso pulsante, varie impennate chitarristiche ed acuti al cardiopalma .
Ovviamente l’ingrediente cardine della band è l’organo e qui Jon Lord sale decisamente sugli scudi. Un lavoro che dovete possedere e che se non è nella vostra collezione, oggi è un motivo in più’ per acquistarlo.
Buon compleanno “In Rock” e 50 ancora di questi giorni.
Tracklist:
Lato A
Speed King
Bloodsucker
Child in Time
Lato B
Flight of the Rat
Into the Fire
Living Wreck
Hard Lovin’ Man
Band:
Ian Gillan ”“ voce
Ritchie Blackmore ”“ chitarra
Roger Glover ”“ basso
Jon Lord ”“ tastiere
Ian Paice ”“ batteria
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