Un volto segnato dalle rughe, una smorfia inconfondibile che accompagna una nota infinita di chitarra. Queste sono le prime cose che mi fanno pensare a Gary Moore e alla prima volta che lo vidi in televisione, su Videomusic. Il brano era “Parisienne Walkways”, in una versione live molto sofferta. All’epoca ero talmente preso dal thrash metal e da altri generi, che non mi accorsi di quanto fosse bravo e passionale Gary Moore. Anni dopo, “riscoprii” il chitarrista irlandese e pian piano mi comprai quasi tutti i suoi album. Oggi Gary purtroppo ci ha lasciato in seguito ad un arresto cardiaco, e così dopo Ronnie James Dio un altro grande della musica rock non c’è più.
Chitarrista versatile, è passato dal rock, al metal al blues, genere che dai primi anni novanta lo ha accompagnato fino ai giorni nostri. Non sono mai stato un’amante di questo genere, ma il rock blues di Gary mi ha sempre entusiasmato, anche se forse il periodo che preferisco è quello che va dal 1982 al 1990, anni in cui si avvicina maggiormente a sonorità hard/heavy, collaborando con artisti del calibro di Glenn Hughes e Ozzy Osbourne tra gli altri.
Parlando di Gary Moore non si può non menzionare i Thin Lizzy, band in cui ha militato negli anni 70 e con cui ha scritto pagine indelebili di hard rock. Gli amanti puristi del blues non hanno amato molto il suo stile a tratti sporco e “contaminato” di rock, ma a mio avviso il chitarrista irlandese è riuscito a dare una piccola scossa a questo genere, omaggiando i grandi maestri come B.B.King o Peter Green, ma anche personalizzando i classici stilemi del genere col suo inconfondibile tocco sofferto e ricco di feeling. Come altri grandi chitarristi, anche Gary Moore usa la Les Paul, chitarra simbolo, che lo ha accompagnato fino alla morte. Dovendo scegliere i suoi album migliori, sicuramente consiglierei “Back in the Streets” (1978), “Corridors of Power” (1982), “Run for Cover” (1985), “Wild Frontier” (1987), il classico “Still got the Blues” (1990), “Back to the Blues” (2001).
Il disco della svolta è stato “Still got the Blues”, album in cui Gary ha dato un taglio radicale alla propria carriera, abbandonando le sonorità hard rock e passando al suo primo amore, il blues. Questo lavoro alterna brani originali a classici come “Oh Pretty Woman”, “Stop Messin’ Around”, e fa conoscere un lato fino ad allora sconosciuto del chitarrista.
Mi piace pensare che finalmente da qualche parte, Phil Lynott e Gary Moore si incontrino e possano nuovamente suonare assieme come ai tempi dei Thin Lizzy. Tempo fa ho avuto il piacere di vedere in dvd un live dei Thin Lizzy con Gary alla voce/chitarra. Purtroppo non ho mai visto dal vivo nessuna sua esibizione, e guardando questo video, sono aumentati i rimpianti per non aver mai potuto ascoltare un suo concerto. Non sentirete la notizia della sua morte al telegiornale, ma non importa. Solo i veri fan sanno che da oggi il mondo della musica è stato privato di un grande chitarrista, che lascerà sicuramente un vuoto incolmabile.
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Senza Gary Moore é una bella tragedia, non ci sarà mai un’altro chitarrista capace di farmi venire la ” pelle d’oca” come lui!! Aveva un tocco sulle corde assolutamente fantastico, bastavano solo poche note ma vibrate come solo lui sapeva fare, ed era uno spettacolo , una emozione, una scossa di adrenalina.
Ciao, Roberto da Bologna…….