Jesse Malin è salito alla ribalta come frontman dei D Generation, con cui ha pubblicato tre album e diversi EP, con grande successo di critica per poi divenire stimato artista solista dal carattere indipendente. Nel corso della sua carriera, Malin ha collaborato con Bruce Springsteen in “Broken Radio” e che vede alle chitarre di Josh Homme dei Queens of the Stone Age, e numerosi altri musicisti. E’ una figura chiave che tutt’ora resiste indenne in quel genere di rock tipico di New York, che comprende i Velvet Underground, il Boss e i Ramones, nonché dai Bad Brains, sua maggiore ispirazione.

Esordisce con il fulminante “The Fine Art of Self Destruction” prodotto dall’amico Ryan Adams, in cui troviamo Melissa Auf Der Maur (Hole, Smashing Pumpkins) ai cori. Segue l’ambizioso “The Heat“, con una serie di ospiti strabilianti, tra cui Ryan Adams, Matt Caws (Nada Surf), Doug Pettibone, Pete Yorn, Tommy Stinson (The Replacements, Guns N’ Roses); fino al suo lavoro di maggior successo “Glitter in the Gutter” col duetto con Bruce Springsteen. Nel 2019 esce “Sunset Kids“, lavoro prodotto da Lucinda Williams con la partecipazione di Billie Joe Armstrong dei Green Day, seguito dal doppio lavoro “Sad and Beautiful World” del 2021.

E’ purtroppo della settimana scorsa la notizia che Jesse è attualmente paralizzato dalla vita in giù dopo aver subito un ictus spinale all’inizio di maggio.

Il 56enne ha subito un ictus spinale (noto anche come infarto del midollo spinale) mentre era fuori a cena con gli amici nell’East Village di New York City il 4 maggio per commemorare l’anniversario di un anno dalla scomparsa del suo compagno di band dei D Generation Howie Pyro. Improvvisamente ha sentito un dolore bruciante che gli scese dalla parte bassa della schiena alle gambe crollando a terra.

Da allora è rimasto paralizzato dalla vita in giù e dopo aver trascorso due settimane all’ospedale del Mount Sinai, Malin è attualmente in un centro di riabilitazione della New York University sottoposto a tre cicli di fisioterapia al giorno.

“Queste sono le sei settimane più difficili che abbia mai avuto. Mi è stato detto che in realtà non lo capiscono e non sono sicuri delle possibilità. I rapporti dei medici sono stati duri e ci sono momenti nella giornata in cui vorresti piangere e in cui hai paura. Ma continuo a ripetermi che posso farlo accadere. Posso recuperare il mio corpo.

E’ possibile fare una donazione per aiutare a pagare le spese mediche di Jesse Malin sulla sua pagina dedicata sul Sweet Relief Musicians Fund

 

Lucia Rosso aveva parlato col cantante nella data italiana di febbraio al Bronson Club di Madonna dell’Albero a Ravenna, (qui le foto del concerto). L’intervista completa:

 

Ciao Jesse e benvenuto su LongLiveRocknRoll.it. Hai iniziato ieri il tour italiano dedicato a “The Fine Art of Self Destruction” e hai già suonato alcune date in UK e Francia. Quali sono le sensazioni che provi a riproporre questi brani a 20 anni di distanza?

E’ davvero emozionante, provo tante cose diverse: alcune canzoni non le suonavo da molto tempo e tante altre invece appartengono alla mio show classico. Io sono cambiato, ma in qualche modo sono rimasto lo stesso. E’ come mettersi davanti ad uno specchio. Ma quando hai canzoni che ti sei portato per strada per vent’anni e le persone le ascoltano nel disco, queste è come se crescessero e appartengono ormai al tuo pubblico, le stai condividendo. E’ una bella cosa!
Quando ho registrato il disco, l’ho fatto per me. Con nessuna casa di registrazione o con chissà quali capitali da parte. Avevo semplicemente bisogno di fare uscire queste canzoni.
Ed essere qui 20 anni dopo e realizzare che le persone ci sono ancora legate… Mi hanno colpito i sold out della prima settimana in UK. Mi lusinga e significa molto per me!

Hai anche ri-registrato il disco con la tua attuale band. Vuoi spiegarci il motivo di questa scelta?

L’intenzione non era di migliorare l’originale: l’originale è l’originale! Siamo tornati a quell’album per dare qualcosa di diverso. Certo se compri l’edizione deluxe in vinile hai una prospettiva diversa. Ma non volevamo reinventare la ruota, ecco!

 

Jesse Malin – ph Emanel Giordan

A settembre avevi anche rivisitato il tuo pezzo con Bruce Springsteen, “Broken Radio”. Cosa ricordi di quella esperienza col Boss?

Lui è stato davvero dolce e umile. E’ stata una sua idea quella di essere in un disco con me. Ha detto: “ Jess, se fai un altro disco, fammelo sapere, che voglio fare qualcosa!”. Quindi pensavo avrebbe suonato la chitarra o qualcosa del genere. Allora il produttore Rob Caggiano mi fa: “Hai Bruce Springsteen con te, in una canzone che parla di tua madre che non c’è più… Davvero?! E’ una canzone personale!”. Ci ho pensato e beh… La canzone parla del potere della radio. Mia mamma era solita guidare e cantare quello che davano alla radio in macchina. E Bruce è per definizione la grande voce della radio americana. Mi sono detto: “Ok, proviamo!”. Ho mandato loro una nota con tutte le lyrics e un piccolo CD a casa sua in New Jersey, mentre ero a Los Angeles. Poi ci siamo chiamati, ha detto che gli piaceva e mi ha invitato a raggiungerlo in New Jersey a casa sua. Siamo andati in moto. Era mezzogiorno, mi ha dato una birra, mi ha offerto una banana e poi ha iniziato a cantare in continuazione. Dopo averla rifatta dodici volte, il risultato piacque sia al producer sia a Bruce, che a quel punto prese la sua moto e se ne andò. Due mesi dopo siamo tornati a casa sua, nel fienile con i cavalli e abbiamo girato il video con Danny Clinch. L’abbiamo poi eseguita sul palco in beneficenza per il Parkinson, quattro volte.

 

Dopo questo tour entrerai in studio per dare un seguito a “Sad And Beautiful World” ?

In questo periodo ho scritto un po’, fatto uscire una riedizione di “Glitter In The Gutter” con una nuova edizione speciale di “Broken Radio”. Quindi giusto un po’ di tempo per Jesse Malin nel mondo. In autunno torneremo in studio, quindi il prossimo disco uscirà intorno al 2024.

Questo disco era stato scritto durante la pandemia, e sembrava che l’umanità lottasse assieme per venirne fuori. Oggi invece sembra tutto svanito, con la guerra che fa da primo piano nelle notizie. Pensi sia ancora un mondo triste ma bellissimo?

Beh “Sad and Beautiful World” in realtà è una citazione di un attore italiano Roberto Benigni, il quale nel film “Daunbailò” (Down by Law) di Jim Jarmusch con Tom Waits, dice “Questo è un mondo triste e bello!”. Ho pensato che forse è più un mondo bello e triste, questo credo sia vero, mi piace pensare di più alla parte bella che alla parte triste, ma è anche vero che le cose tristi ci fanno apprezzare di più le cose belle.

Hai suonato con Eugene Hutz dei Gogol Bordello una cover dei Pogues per l’Ucraina. Ci puoi raccontare qualcosa su come è nata la collaborazione?

Siamo amici da tempo, sono stato in tour con i Gogol Bordello, siamo stati a Mosca e in Europa, abbiamo scritto una canzone chiamata “All The Way From Moscow”. Mi piace un sacco l’energia di Eugene, la sua voglia di fare qualcosa per la gente, è un grande performer, pieno di passione. E credo che le persone in Ucraina abbiano davvero bisogno di supporto. Mentre parliamo oggi, è passato un anno dall’inizio della guerra. Quindi ci uniamo alla solidarietà. A dir la verità in effetti la mia famiglia andando indietro nel tempo è originaria di Kiev.

 

Anche i Pink Floyd, in realtà solo Gilmour e Mason, hanno fatto un tributo per supportare la causa ucraina. Cosa ne pensi della delle dichiarazioni di Roger Waters invece quasi pro Russia?

Non sono molto d’accordo con quelle dichiarazioni. La Russia è chiaramente una superpotenza di fatto pericolosa ed egoista. Dall’altra parte noi come America facciamo un sacco delle stesse cose che mette in pratica la Russia e non vorrei parlarne come americano, ma come cittadino del mondo. Rispetto Roger Waters e le sue opinioni, ma non le condivido. Comunque “Wish You Were Here” continua a piacermi!

Hai iniziato giovanissimo (a 14 anni) – 12 mi corregge – col punk degli Heart Attack (sua prima band). Cosa ne pensi del revival del pop punk, con anche artisti trap che si sono cimentati e hanno portato il genere in prima posizione in classifica? Mi riferisco a Machine Gun Kelly… ma penso anche ai Green Day e alla reunion dei Blink 182…

Io li apprezzo, penso che le nuove generazioni possano capire e, in questo modo, scoprire i Ramones o i Clash attraverso i Green Day o i Rancid. E’ come una canzone d’amore: tutti quanti scrivono canzoni d’amore, ma è come la scrivi tu che la rende diversa. La stessa cosa succede con il Punk Rock. Un ragazzino o ragazzina può sentire dai Beastie Boys, ai Race Against The Machine, agli Strokes ad altri. Dopodiché, potrà creare il suo stile personale. Voglio dire, io ho scelto il rock&roll, ma non sono certo il primo… Il microfono è per tutti!

A proposito, cosa ne pensi dei Måneskin? E di Sam Fender, pensi possano essere i grandi nomi del futuro?

Ho visto i Måneskin in America, un mio amico li ha fotografati e penso siano fighi. Sono sicuramente cambiati rispetto agli inizi diventando popolari. Ma li rispetto, credo siano una rock band molto valida, mi ricordano Wendy O. Williams dei Plasmatics nel 1979.

Jesse Malin – ph Emanel Giordan

Chiuderai il tour nella tua New York con Lucinda Williams, produttrice del tuo disco. Cosa hai imparato collaborando con lei?

Ho imparato un sacco da Lucinda, ma in particolare la cura per le lyrics, uno sguardo attento per ogni parola per accertarsi che trasmetta l’immagine desiderata. Lei è molto meticolosa in questo senso.

Hai anche collaborato con Ryan Adams (accusato e scagionato di comportamenti scorretti verso donne), siete ancora in contatto (domanda scomoda)? Cosa ne pensi della cancel culture? Anche Slash dei Guns N’ Roses ha dichiarato recentemente che la band sarebbe stata fatta fuori – cancellata – al giorno d’oggi…

Io supporto le donne, credo nelle donne e in ogni categoria di persone che è stata discriminata per razza, religione o colore. Io credo che le donne siano state trattate terribilmente nella società sessista di oggi. Conosco Ryan da davvero molto tempo. Lui è famiglia per me, ha addirittura frequentato mia sorella. Non lo vedo come un pericoloso predatore sessuale, considero Ryan un uomo che sta affrontando tempi pesanti con il movimento “Me Too”. Non voglio parlare di “Cancel culture”. Ritengo il movimento “Me Too” una valida risorsa per dare alle donne i diritti che spettano loro. Credo che la soluzione sia nel mezzo e che la questione sia andata troppo oltre. Ci sono persone che sono state individuate come stupratori, vedi Harvey Weinstein o Bill Cosby, ma riguardo a Ryan le mie impressioni sono che ci sia stata una forte volontà di cancellare qualcuno, non credo vi sia spazio per alcuna redenzione nella “Cancel culture” e la gente invece ha bisogno di redenzione, lui non è un assassino. Lo conosco da molto tempo, quindi so i suoi pregi e difetti, ma ho provato ad analizzare la questione in maniera oggettiva.

Jesse Malin live - Bronson Club di Madonna dell’Albero (RA), 24/02/2023 - ph Michele Mattarelli

Come trovi New York dopo la pandemia? Come va il tuo club Bowery Electric?

New York spettacolare, il club sta andando bene, quest’anno abbiamo celebrato il compleanno di Joey Ramones il 19 maggio, abbiamo avuto i Murphy’s Law, un tributo ai Kansas City, i Dwarves, insomma un sacco di concerti di fantastiche band punk-rock.

I tuoi testi sono spesso introspettivi e malinconici. Credi che sia una specie di medicina a parlare di dolore esistenziale?

Sì insomma, alcuni sono pittori, altri scrivono poemi, c’è chi va a correre, chi fa yoga, per me è come un antidoto, mi toglie il veleno. Tutti ne hanno bisogno, se fai il giardiniere, lo scultore, il collezionista, tutti hanno bisogno di qualcosa, non c’è bisogno per forza di suonare una chitarra.

E’ scomparso di recente Howie Pyro bassista nei tuoi DGen (D Generation, sua punk band). Cosa ricordi di quell’epoca?

Noi due eravamo davvero dei buoni amici. Eravamo in grado di creare magie insieme. Ci divertivamo un sacco mettendo insieme le nostre idee. L’idea partiva dal nostro salotto e poi la portavamo su un palco, in un club o su strada. Era un ragazzo speciale con una conoscenza enorme della storia, un’amore immenso per le persone, un grande dj e un grande bassista.

Grazie per l’intervista Jesse. Cosa diresti al tuo io di 20 anni fa? Pensi ancora che l’autodistruzione sia un’arte buona?

Io non ho mai voluto che il disco parlasse di autodistruzione, era inteso come espressione sarcastica, guardandomi indietro a tutto il casino che ho combinato nella vita, la fine delle relazioni, la rottura della band, il ritiro dalla scuola. Quindi si tratta solo di una sottile e ironica autocritica, non approvo l’autodistruzione, bensì sono un grande sostenitore del “P.M.A”, Positive Metal Attitude, ossia “fai in modo che ciò che desideri accada e sopravvivi!”. 

 

Testo di Lucia Rosso e Daniele Angeli
Foto di Emanuel Giordani e Michele Mattarelli

 

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