2024 – Columbia Records/Sony Music

19 album all’attivo, più di 60 milioni di copie vendute e una storia prestigiosissima, fatta anche di dolorose separazioni e ritorni di membri storici. Questi sono i Judas Priest. Band che ha influenzato una miriade di artisti e che in più di cinquant’anni di storia, è stata capace di pubblicare dischi per ogni decennio d’attività.

Molta attesa c’era per questo “Invincible Shield” e davvero non è stata affatto delusa, personalmente. La band ci regala un disco davvero tosto e prodotto magistralmente dal produttore Andy Sneap, chitarrista della band nelle esibizioni live, visto che dal 2018 Glenn Tipton, affetto dal morbo di Parkinson, non partecipa più ai loro tour. Essendo stato chitarrista dei Sabbath e produttore di tantissime band dal sound davvero pesante e caratteristico (per usare un eufemismo e per definire la loro potenza) quali Arch Enemy, Exodus, Megadeth e tanti altri, Sneap sa cosa voleva esattamente la sua band Essere ancora credibile, fonte ancora d’ispirazione per tantissimi artisti e soprattutto non fare nessun compromesso sonoro.

Passati ormai sei anni dal precedente “Firepower“, co-prodotto dallo stesso Andy Sneap, “Invincible Shield” è composto da undici canzoni, quattordici nell’edizione deluxe. K.K. Downing continuerà a parlare male di loro e probabilmente è soltanto invidioso, perché la band è andata avanti alla grande anche senza di lui. “Invincible Shield” è stato annunciato in grande stile, durante la loro esibizione al “Power Trip Festival” ad Indio, sostanzialmente un Coachella 2.0 per costi del biglietto ed ambientazione, ma in versione rock e metal. Insieme a loro in varie giornate ci sono stati Guns N’Roses, Metallica,Iron Maiden, Ac/Dc e Tool.

Tornando al disco, il lavoro si apre con un trittico di bordate. L’opener track “Panic Attack“, con la sua intro davvero suggestiva, apre le danze con le chitarre di Tipton e Faulkner, pronte e cariche a mille, per la voce del “Metal God“, Rob Halford, assolutamente indiavolato. La grinta che ci mette la band in questo lavoro, dovrebbe essere presa d’esempio da tantissime bands metal underground che pensano soltanto a suonare come se fossero una Maserati lanciata a 200 chilometri in autostrada e se ne fregano della melodia e della struttura della canzone.

Rob Halford è in forma strepitosa e Scott Travis pesta sulla sua batteria in modo davvero sublime e gli urli di Rob raggiungono decibels davvero elevati. Tale potenza non viene rallentata ma ulteriormente amplificata con “The serpent and the king“, puro godimento sonoro che ti spazza via subito. Sembra di essere tornati ai tempi di “Screaming for vengeance” per esecuzione. Il ritornello è assolutamente semplice e fatto per essere urlato ad alta voce. A proposito, non perdeteveli insieme ad altre leggende quali Saxon e Phil Campbell (storico chitarrista dei Motorhead) and The Bastard Sons al Forum d’Assago di Milano.

La titletrack “Invincible Shield” è una prova di forza assoluta dei due guitar heroes, Glenn Tipton e Richie Faulkner ed è anche il pezzo con maggior minutaggio del lavoro, visto che supera i sei minuti. Corna al cielo, scapocciamento selvaggio e onore ai Preti del Metallo. Halford, assolutamente dominatore dell’Universo, qui.

Il ritmo diventa più cadenzato e ritmato con la quarta traccia, “Devil in disguise“, nella quale Halford canta per quasi tutto il brano, in tonalità più basse del solito. Il ritornello sembra fatto apposta per essere cantato da tutti gli aficionados del combo inglese.

Gates from hell“, traccia numero cinque di questo splendido “Invincible shield”, si apre con una bella introduzione sonora e si viene catapultati in pieni anni ’80, con ritmiche davvero vincenti e un ritornello che non ti lascia scampo. Ad essere sinceri, forse in alcuni punti, un po’ ruffiana, ma si lascia assolutamente ben ascoltare e gustare.

Crown of horns” inizia lentamente e sembra quasi una ballad, con il leggendario basso di Ian Hill, che finalmente pompa totalmente al massimo. Una canzone molto radiofonica e che è come il miglior cioccolatino, dopo cena. Ad un certo punto della canzone (verso metà brano) c’è il duello chitarristico tra Faulkner e Tipton, senza vincitori e vinti, talmente è pensato per il risultato finale. Vale a dire, qualità e potenza sonora.

Il ritmo torna a salire in modo prepotente con “As God is my witness“, un’assoluta mazzata sui denti, con la doppia cassa di Travis, padrona incontrastata di tutto il brano. Nessun scampo davvero per nessuno e sicuramente questo sarà uno dei pezzi maggiormente graditi (tra i nuovi), quando verrà proposto dal vivo.

Trial by fire“, inizia con un intro molto suggestivo con chitarre in sottofondo ed esplode subito poco dopo, fino a diventare un anthem che ti conquista dal primo ascolto. Il ritmo è sicuramente più rallentato rispetto a diverse canzoni del lavoro e con un ritornello che cattura subito l’attenzione dell’ascoltatore.

Potrei analizzare ogni canzone, ma concludo la mia analisi del disco, con “Sons of thunder“, il pezzo con minore durata del lavoro, idea di Glenn Tipton e inno alla libertà che soltanto una bella motocicletta sotto il tuo culo ti può dare.

Disco che si conclude poi effettivamente con l’epica “Giants in the sky” e con l’omaggio di Robert John Arthur Halford a tutte le rockstar scomparse e con un assolo acustico di chitarra in stile quasi flamenco di assoluto spessore.

Il lavoro si candida ad essere uno dei dischi più belli del 2024 e ci restituisce una band in forma strepitosa. Da acquistare ed ascoltare, senza pensarci due volte.

Tracklist:
01. Panic Attack
02. The Serpent And The King
03. Invincible Shield
04. Devil In Disguise
05. Gates Of Hell
06. Crown Of Horns
07. As God Is My Witness
08. Trial By Fire
09. Escape From Reality
10. Sons Of Thunder
11. Giants In The Sky

Band:
Rob Halford – voce
Glenn Tipton – chitarra
Richie Faulkner – chitarra
Ian Hill – basso
Scott Travis – batteria

 

Mauro Brebbia
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