2024 – Warner Records

Mettiamolo immediatamente in chiaro, l’incontro tra due dei congiunti più stretti di buonanima britpop ci presenta un risultato algebricamente inferiore alla somma delle parti in gioco.
Ma, suvvia, davvero qualcuno aveva osato sperare in un esito più generoso di questo? Non voglio credere che si possa arrivare a simili livelli di irrazionale autosuggestione ma, ciò è provato da psicologia e sociologia, la nostalgia può arrivare a giocare brutti scherzi.

Liam fa Liam ed oltre ad indossare uno stilosissimo parka (non lo vediamo ma è ragionevole visualizzarlo nel rispetto dell’iconografia canonica) porta in dote carisma e convinzione sufficienti a rendere credibile la sconfortante debolezza dei versi. Intendiamoci, non è che abbia mai cantato testi di alta letteratura ma, paradossalmente, sulla lunga distanza, è proprio questo il dettaglio capace di testimoniarne, misurandolo con estrema generosità, il peso come performer.

Squire, che girava a vuoti da metà anni ’90, si trova in tasca del buon materiale (presumibilmente) rimasto a prender polvere dopo l’implosione del terzo album degli Stone Roses (mai arrivato e, considerando l’esito di Second Coming, tutto sommato è un bene) e lo reinveste puntando tutto il gruzzolo sulle quotazioni in ascesa del Gallagher partito sfavorito. Nel calderone di inevitabili fascinazioni sixties finiscono non solo beat e psichedelia ma anche qualche inatteso misurino di blues elettrico.

A pensarci bene questa, probabilmente, è proprio la ricetta che i Beady Eye non sono riusciti ad indovinare. C’è tanto “paracoolissimo” mestiere in queste 10 (prevedibili) tracce ma (e qui viene il bello) il senso di sincero divertimento, misto a genuino, verace cazzeggio, riesce ad elevare un album, palesemente egoriferito, che non solo non scivola tentando giravolte maldestre ma, quando inciampa, è capace di rialzarsi prontamente, facendo il vago. Il fatto che nessuno dei due coinquilini soccomba sotto il peso di un soffitto stipato di nostalgia e non ci rimetta credibilità e dignità, rappresenta, già da solo, motivo di inatteso giubilo.

Non siamo in territorio di avanguardia (e meno male) ma non assistiamo nemmeno ad un tragico esperimento di laboratorio nel quale le ampolle esplodono trasformando gli incauti ricercatori in creature grottesche. Per nostra fortuna i ricordi migliori se ne restano invece al sicuro, ben chiusi nei bauli della soffitta, tra polverose collezioni di sneaker e di cappelli da pesca, senza mai correre il rischio di finire, per errore, nel secchio dell’indifferenziata. Niente strappi (vale anche per quelli muscolari), zero rammendi di fortuna e tutti ritornarono a casa sani e salvi.

6.8/10

Tracklist:
01. Raise Your Hands
02. Mars To Liverpool
03. One Day At A Time
04. I’m A Wheel
05. Just Another Rainbow
06. Love You Forever
07. Make It Up As You Go Along
08. You’re Not The Only One
09. I’m So Bored
10. Mother Nature’s Song

Musicisti
Liam Gallagher – voce, battito delle mani (tracce 1, 3, 4, 7, 8), remix (traccia 8)
John Squire – chitarra elettrica, chitarra acustica (tracce 1–3, 7, 9, 10), battito delle mani (tracce 1, 3, 4, 7)
Greg Kurstin – basso, congas, programmazione batteria (traccia 1), percussioni (tracce 1, 3–8), battito delle mani (tracce 1, 3, 4), sintetizzatore (tracce 1, 4, 5, 8), tastiere (tracce 1, 5), pianoforte (tracce 1, 10), organo Hammond B3 (traccia 2), Wurlitzer (traccia 2), Mellotron (tracce 5, 10), vibrafono (traccia 5), pianoforte verticale (traccia 8)
Joey Waronker – batteria
Debbie Gwyther – battito delle mani (tracce 1, 3, 4, 7)
Martha Squire – battito delle mani (tracce 1, 3, 4, 7) 

 

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