Mick Mars è un combattente. Non si è mai arreso nella vita. Non ha mollato un centimetro, anche se una malattia dal nome tanto bizzarro quanto crudele, ossia la “spondilite anchilosante“, che ti consuma letteralmente le ossa, lo ha costretto ad una vita fatta di dolori continui e a volte insopportabili per tutto il corpo. Non si è arreso, quando è stato letteralmente fatto fuori o cortesemente invitato ad andarsene fuori dalle palle, da quella band che dal 1981 riteneva una gang di fratelli. La verità completa non la sapremo mai. Ognuno delle due fazioni racconta la sua versione della storia e seppure John 5 sia un mostro di bravura, nessuno mai potrà sostituire Mars. Neil, Lee e Sixx, mettetevelo nella vostra testa e continuate pure nei vostri tour.

Mick, dopo una prima vittoria in tribunale contro gli ex compagni, ci regala un album davvero tosto, che ci mostra tutto quello che è sempre stato capace di fare. Riff assassini, senso della melodia ed assoluta maestria compositiva. Alla fine, questo lavoro solista è in lavorazione e discussione da più di dieci anni e suona estremamente più duro e cattivo di qualsiasi disco dei Motley Crue. Forse solo l’omonimo disco con John Corabi, tanto odiato e amato da tanti, può ricordare in parte il sound di questo lavoro, che paga comunque ampio pegno a band alternative rock quali Avenged Sevenfold o Papa Roach.

Nella scelta della tracklist finale del lavoro, non sono – ahimé – presenti “Gimme Blood” e “Shake the Cage”, composte con John Corabi. Si spera di sentirle un giorno e c’è da dire che Mars si è detto comunque disponibile per collaborazioni sporadiche con i Crue. Cosa bizzarra, dopo la valanga di letame, che le parti si sono gettate addosso nel corso dell’ultimo anno.

Settantadue e dico 72 anni suonati e ancora voglia di divertirsi con la musica. Questo è Mick Mars.
Un fattore sicuramente determinante per questo lavoro è la voce del cantante Jacob Bunton, ex cantante dei Lynam e soprattutto cantante degli Adler in “Back from the Dead”, omonimo album di un altro grande ex di una band “figlioccia” dei Mötley Crüe, leggi Guns N’ Roses. Ovviamente sto parlando di Steven Adler. Il disco è prodotto da un autentico pezzo da novanta, vale a dire, Michael Wagener. La produzione è moderna ed assolutamente vincente e regala all’ascoltatore, ogni volta sfaccettature diverse. I musicisti coinvolti sono di assoluto valore. Al basso troviamo Chris Collier, che lavora spesso con Korn e Whitesnake, alla batteria c’è uno dei migliori batteristi del pianeta Terra, mr. Ray Luzier (Korn), alle tastiere Paul Taylor dei Winger e alla voce oltre a Jacob Bunton è ospite in qualche traccia Brian Gamboa.

Certo non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Ad esempio l’attacco iniziale di “Broken on the Inside” sembra il riff di “Man in the box” degli Alice in Chains distorto , ma poi subito dopo parte una ballad molto intensa quale “Alone” e rimani estasiato dalla potenza sonora dei riff di Mars. Una gravissima perdita per i Crue ed onestamente ci hanno smenato più loro che lui dalla dolorosa separazione.
I dieci pezzi non superano quasi mai i quattro minuti,tranne qualche eccezione.

La canzone che dura di più del lavoro è “Killing Breed“, che inizia con un intro davvero tetro e continua poi nella sua oscurità con voce assai sussurrata ed atmosfera evocativa, quasi da qualsiasi band death metal svedese in qualche punto.

Il tanto criticato singolo “Right Sde of Wrong” è invece secondo me uno dei momenti di maggiore libidine, doppia libidine e tripla libidine coi fiocchi (cit.) del lavoro ed è una di quelle canzoni che ti regala una sana dose di adrenalina, quando la si ascolta. In sostanza questo lavoro non scopre l’acqua calda e ricorda parecchio alcuni lavori degli anni 2000 di Alice Cooper o ricorda l’ultimo periodo di Ozzy col produttore Andrew Watt. Il disco è stato accolto davvero bene e si sta difendendo assai bene nelle classifiche specializzate. Non c’è un pezzo velocissimo in stile punk punch in the face o thrash puro, ma manco mezzo e neanche in lontananza di glam e street metal. Un lavoro in cui Mars può certamente liberare tutta la sua potenza, forse a volte trattenuta nei Motley Crue.

Un esempio è “Ain’t Going Back“, pezzo quasi in chiusura del lavoro ed assai potente nel suo incedere. Il lavoro si chiude con la strumentale “La Noir“, pezzo in cui Mars si diverte a dimostrare la sua abilità nell’esecuzione di varie scale. Un po’ ,la classica dimostrazione di potenza alla Steve Vai, Joe Satriani o Yngwie Malmsteen. I primi tre che mi sono venuti in mente.

Dimenticate per un attimo i Mötley Crüe ed ascoltate senza preconcetti questo lavoro. Sono sicuro che potrà riservarvi piacevoli sorprese ed emozioni.

Mauro Brebbia

Tracklist

01. Loyal To The Lie
02. Broken On The Inside
03. Alone
04. Killing Breed
05. Memories
06. Right Side Of Wrong
07. Ready To Roll
08. Undone
09. Ain’t Going Back
10. LA Noir

Mick Mars – chitarra
Paul Taylor – tastiere, chitarra
Jacob Bunton – voce solista, violino
Brion Gamboa – voce solista (4, 8)
Ray Luzier – batteria
Chris Collier – ingegnere del basso, mixaggio e mastering
Michael Wagener – produttore, ingegnere

Mauro Brebbia
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