Giungo venerdì 14 luglio 2023 al Pit dell’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola con un caldo torrido, le moto del Superbike che rombano i motori nel paddock in sottofondo e tanta voglia di sentire la voce metallica e magnetica di Brian Molko.

Prima ci tocca l’opening dei PEAKS! che rivedo con gli stessi outfit dello Slam Dunk. Non me li aspettavo, invece avevano già aperto i Placebo a Mantova e Lucca e li accompagnano anche in Svizzera a Locarno. Un po’ più sciolti in quest’occasione, mi danno sempre quell’idea di tornare nel 2010 con le magliette bucate e le catene ai pantaloni, ma ascolto volentieri Blackout e ho apprezzato anche l’inedito che uscirà a fine luglio sulle piattaforme.

Brian Molko, cantante e chitarrista dei Placebo, è un soggetto tanto affascinante quanto esigente e pretenzioso. Ripete gli stessi rituali per ogni live – mi dicono alcuni amici fedelissimi – e di fatti, poco prima dell’inizio, vediamo una donna dello staff sistemare vicino alla batteria una tisana, uno spray per la gola, acqua, sigarette, posacenere, tutto a suo esclusivo e personale uso. Dall’alto dei suoi 1,94 metri e muscoli scolpiti, Stefan Olsdal, bassista e chitarrista, si pone invece come il cuore tenero dei due, sorridente, accessibile, le aperture più calorose verso il pubblico vengono sempre da lui. Due figure opposte, fisicamente e non, ma compensandosi a vicenda creano una combo indissolubile e non riusciamo ad immaginare Brian Molko senza Stefan Olsdal e viceversa.

In questo report mi preme approfondire una questione che sta particolarmente a cuore al duo britannico, ma che, a parer mio e non solo, ieri sera ha creato non poco malcontento. È ormai risaputo che i Placebo non permettono l’utilizzo dei cellulari per fare foto e video, ce lo ricorda subito un loro messaggio registrato e a seguire la traduzione in italiano. La loro battaglia ha un senso e glielo si riconosce: se si passa tutto il tempo a guardare uno schermo invece che la band, non si potrà creare una connessione autentica con l’artista, non si sta facendo esperienza di vita ma sempre filtrata dalla tecnologia e per chi suona è sempre più difficile comunicare emozioni e creare trascendenza. Io totalmente d’accordo, finalmente qualcuno che lo pretende, che sposta il focus sulle sensazioni e le percezioni della musica dal vivo.


Ma da qui alla caccia ai telefoni ce ne vuole, qualcosa è sfuggito! Giustissima la presa di posizione, ma l’atteggiamento aggressivo non è assolutamente necessario. I bodyguard minacciosi pagati apposta per controllare esclusivamente se qualcuno tira fuori lo smartphone e pronti a puntare una torcia accesa sul volto della persona colta sul fatto. Brian, forse ancora nervoso dopo essere stato segnalato alla Procura per aver chiamato la Meloni “razzista” e “p***o di m***a” allo Stupinigi Sonic Park, ogni volta che si rivolge al pubblico parla solo di questo. Durante l’intro di “Went Missing”, tra l’altro uno dei miei pezzi preferiti dell’ultimo album, si pronuncia anche qui con tono di minaccia:

“Adesso facciamo una pausa così potete davvero mettere via i telefoni e sappiate che più lunga è la pausa più corto è il concerto!”

In seguito, si rivolge a tre ragazzi nelle prime file indicandoli uno ad uno e fa segno loro di darsi una calmata. Purtroppo, i propositi iniziali sono stati totalmente trascurati: se questo è il modo per creare più connessione cari Placebo è fallimentare, va ricordato che il fine ultimo è appunto maggiore vicinanza con il pubblico, non spaventarlo. Senza contare che ha speso quasi novanta euro per potervi vedere, forse è il caso di rivedere un attimo le strategie comunicative.

Ciò detto, musicalmente la serata è stata un’esperienza sublime – ma non, purtroppo, trascendentale. Ho sempre considerato i Placebo maestri nell’arte del teletrasportare con la musica e grazie a pochi semplici elementi suscitare emozioni molto intense. Per chi vi scrive hanno sempre rappresentato l’ascolto più indicato per combattere i propri demoni e attraverso canzoni apparentemente cupe, trarre linfa vitale e rigenerarsi.

Durante le prime canzoni la magia funziona ancora e sulle note di “Beautiful James”, “Happy Birthday in the Sky”, pezzo dedicato all’amico e mentore David Bowie, fino a “Sad White Reggae”, una delle sorprese di questo live, un’esibizione potente e trainante chiusa in un continuo crescendo armonizzato da pelle d’oca.

Se non si fosse capito chi scrive ha apprezzato non poco l’ultimo album “Never Let Me Go” (2022), eccezion fatta per la commercialata “Try Better Next Time” che ha come da prassi fatto saltare tutto il pit nel momento più festaiolo del concerto.

Dopo un’ora e mezza tirata, il legame fra il pubblico e i due artisti si recupera un po’ nei pezzi dell’Encore dopo una pausa abbastanza lunga, in particolare nelle due cover “Shout” dei Tears for Fears e nel finale con l’iconica cover di Kate Bush “Running Up That Hill”.
Che bellezza vedere i Placebo, ma prossima volta meno panico e più magia, grazie!

Setlist
1. Forever Chemicals
2. Beautiful James
3. Scene of the Crime
4. Hugz
5. Happy Birthday in the Sky
6. Bionic
7. Surrounded by Spies
8. Sad White Reggae
9. Try Better Next Time
10. Too Many Friends
11. Went Missing
12. For What It’s Worth
13. Slave to the Wage
14. Song to Say Goodbye
15. The Bitter End
16. Infra-red

Bis
17. Shout
18. Fix Yourself
19. Running Up That Hill

 

Testo di Lucia Rosso
Fotogallery a cura di Emanuel Giordani

 

 

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