A poco piùdi un anno di distanza dalla loro ultima apparizione in Italia, tornano a farci visita gli scanzonati Reckless Love, come sempre guidati dal biondissimo Olli Herman, oggetto dei desideri erotici del pubblico femminile, prontissimo ogni volta a presentarsi in massa agli show del gruppo finlandese. “The Kings Of Merry Metal”, come amano autodefinirsi, giungono oggi al Legend Club di Milano, per la prima data di un breve tour estivo che li vedrà  poi toccare anche Bologna, Pisa, Barcellona e Ibiza (!).

Se lo scorso anno, perlomeno a parere di chi scrive, la band era stata letteralmente asfaltata dall’esibizione in veste di special guest dei connazionali Santa Cruz (nonché da quella degli italianissimi Speed Stroke nel ruolo di opening act), a questo giro, per non correre rischi, i quattro baldi finnici hanno optato per far aprire il loro concerto a due band – almeno sulla carta – piùinnocue ed appartenenti al panorama underground nostrano.

Davanti ad un pubblico nelle cui prime file si sono già  strategicamente piazzate decine di ragazze in trepidante attesa del torace palestrato dell’Apollo di Kuopio, alle 21,40 prende puntualmente possesso del palco il gruppo pescarese dei Twisted. Fautori di un apprezzabile sleazy hard rock, dopo una partenza un po’ in sordina, i cinque riescono a scaldare l’atmosfera con una manciata di canzoni accattivanti, tra cui il nuovo singolo “Break The Walls”, “Born To Die Free” (presentata per la prima volta live davanti a un pubblico) e la conclusiva “Give Me Hell”, che non faticano a coinvolgere grazie anche ai continui incitamenti del cantante Philip DeVille. Qualche riserva sulla voce ed un’evitabile cover di “Poison” (maltrattata al punto tale da farle perdere tutta la sua carica di lascività ) sono gli unici nei che non inficiano comunque un’esibizione piùche discreta.

Non altrettanto si può dire purtroppo dello show degli HiFi Society, già  visti qualche anno fa in apertura a Sebastian Bach: pur non discostandosi eccessivamente a livello di coordinate sonore dal gruppo che li ha preceduti (seppure con un approccio piùsporco e “moderno”), i cinque danno l’impressione di essere completamente scarichi e privi di entusiasmo, fallendo miseramente nell’intento di coinvolgere un pubblico che resta in gran parte disinteressato alla loro esibizione. A nulla serve l’idea del cantante di mettersi a torso nudo, mossa penalizzata dall’inclemente ed inevitabile paragone con la fisicata di chi lo seguirà  a breve su quello stesso palco.

Mentre dagli speakers viene trasmessa la musica dei Rage Against The Machine (scelta alquanto discutibile quella di piazzare, in attesa dell’arrivo dei profeti del disimpegno, le canzoni della band forse piùimpegnata degli ultimi decenni) la temperatura in sala comincia a salire, così come il tasso di eccitazione femminile. La voce del leggendario Phil Lynott e le note di “The Boys Are Back In Town” introducono sul palco il batterista Hessu Maxx (secondo, come gradimento, al solo Olli), il bassista dagli occhi a mandorla Jalle Verne e il chitarrista Pepe Reckless, principale responsabile del sound della band e sicuramente il musicista piùpreparato dei quattro.

Per ultimo ovviamente arriva Olli, la star, e lo show può cominciare: si parte bene, con due colpi ben assestati, rappresentati da “Animal Attraction” e, soprattutto, dalla carica entusiasmante di “So Happy I Could Die”; tutti partecipano attivamente ai cori ruffiani ma sicuramente d’impatto della band, la cui formula è semplice e dichiarata: far divertire grazie ad un Pop Metal di facile presa, ideale per conquistare chi vuol trascorrere una serata spensierata senza troppe pretese e far avvicinare a sonorità  musicali piùdure un pubblico di teenager attratti anche dall’immagine vincente del gruppo.

Già  dal terzo brano la virata verso il pop della recente “We Are The Weekend” è decisa e si prosegue sulla stessa falsariga con “Monster”, vera e propria celebrazione dei corpi e della musica di plastica (con gran profusione di basi e cori campionati). Il tiro viene rialzato con “Beautiful Bomb” e “Badass”, con le quali si torna all’album d’esordio della band (a tutt’oggi il loro vertice assoluto a livello qualitativo): rispetto all’esibizione dello scorso anno, Olli ha ridotto sia i cambi d’abito che i suoi calci nell’aria, ma il suo modello principale di riferimento rimane sempre il David Lee Roth degli anni d’oro, anche nei suoi continui ammiccamenti verso le prime file, alle quali prova a dare i primi rudimenti di una lingua assolutamente ostica per noi italiani come il finlandese, fermandosi – grazie a Dio ”“ alla sola “kiitos” (“grazie”).

Dopo una nuova escursione nel pop, comunque apprezzabile, di “Edge Of Our Dreams” si arriva alla tremenda “Scandinavian Girls”, forse la canzone in assoluto piùridicola che ci sia capitato di ascoltare in ambito rock negli ultimi anni (riuscire ad affossare un titolo praticamente perfetto con delle melodie così imbarazzanti non è sicuramente da tutti); al termine del brano, il buon Olli si lancia in lodi sperticate per le ragazze italiane, le quali non avrebbero nulla da invidiare a quelle scandinave che sarebbero state prescelte nel titolo per mere questioni di metrica: non che vi fosse bisogno di arruffianarsi ancora di piùle giovani bellezze presenti in sala, ma il colpo va comunque a segno.

Brani come “Born To Break Your Heart”, “Back To Paradise” e “On The Radio” rappresentano tipici e riuscitissimi esempi della proposta musicale dei Reckless Love, proposta che si riallaccia completamente alle sonorità  in voga negli eighties, non solo all’hard rock piùpatinato, ma anche a quei suoni plasticosi di certa dance music del periodo (“Night On Fire” è in pratica la versione rock di “Tarzan Boy” di Baltimora).

Evitata la solita pantomima con la band che esce di scena per poter essere richiamata sul palco, il concerto scivola via dritto verso la fine e, dopo la proposizione un po’ a sorpresa della suadente “Dying To Live”, ripescata dall’album “Spirit”, si giunge all’attesissimo momento in cui Olli si sfila la canottiera esibendo pettorali e addominali praticamente perfetti e che qualche maligno sospetta siano frutto dell’opera di qualche operazione di chirurgia estetica: “Hot”, caldo, caldissimo, piùcaldo dell’inferno, è l’adattissimo titolo del brano col quale la band si congeda definitivamente dalle fan in adorazione quasi mistica.

Questi Reckless Love sicuramente potranno non piacere a tutti, tant’è che le fila dei loro detrattori si ingrossano ogni giorno di più: a noi sembra di assistere nuovamente alle polemiche di chi, negli anni ottanta, gettava palate di letame sulla mancanza di integrità  musicale di band come Bon Jovi e Europe. Lungi da noi paragonare Olli & Co. a queste band dalla caratura sicuramente per loro irraggiungibile, ma dobbiamo ammettere che la loro parte i finlandesi la fanno benissimo.

Certo che il Rock n’ Roll, quello vero, abita sicuramente da qualche altra parte.

SETLIST RECKLESS LOVE: Animal Attraction ”“ So Happy I Could Die ”“ We Are The Weekend ”“ Monster ”“ Beautiful Bomb ”“ Badass ”“ Edge Of Our Dreams ”“ Scandinavian Girls ”“ Born to Break Your Heart ”“ Pretty Boy Swagger ”“ Back To Paradise ”“ On The Radio ”“ Night On Fire ”“ Dying To Live ”“ Hot

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