Narra un’antica leggenda Finlandese che in un tempo lontano, prima del sole, la luna e le stelle, la Fata della Natura, figlia dell’aria prese a vagare sul mare, finché cadde in un sonno profondo cullata dalle onde. Quand’ecco un’aquila enorme apparve nel cielo, in cerca di un luogo dove posarsi; il suo battito d’ali svegliò la Fata che aprì i grandi occhi azzurri, sollevò lentamente un ginocchio fuori dalle acque permettendo all’aquila di farvi il nido e questa depose sei uova d’oro e un uovo di ferro. Dopo pochi giorni accadde il miracolo: il guscio delle uova d’oro si ingrandì, si distese e si espanse fino a formare la volta del cielo e la superficie ricurva della terra: i rossi tuorli formarono gli astri, il sole, la luna, le stelle; i piccoli frammenti neri dell’uovo di ferro si convertirono in nubi e corsero rapide sui mari. E il mondo sorse così, per caso, mentre la Fata risplendeva nell’immensità  del creato. Poi si sollevò dalle acque, toccò con le dita la terra molle e formò insenature e baie, calcò con i piedi il suolo d’argilla e formò i monti e le valli, si adagiò al sole e con le braccia distese formò le vaste pianure. Dove aveva posato il capo, i capelli grondanti formarono laghi e fiumi e cascate d’argento, e dove aveva poggiato i piedi sorse una ghirlanda di isole brune. Così si narra, nacque la Finlandia, la strana terra dai quarantamila occhi azzurri, incoronata d’isole e di scogli….e produttrice seriale di band  di successo come Hanoi Rocks, Nightwish, Sonata Arctica e Turisas. Stesse radici (e forse questo spiega anche l’aspetto “fatato” del cantante) anche per i Reckless Love, che a distanza di tre anni dall’uscita di “Spirit” tornano sui palchi europei. Sulla scena dal 2001, quando la nuova ondata di Scandinavian Sleaze metal cominciava a prendere piede, la band si è fatta le ossa con il nome di Reckless Life suonando cover dei Guns N’ Roses, per poi andare per la propria strada.

Il Legend Club è affollatissimo stasera, volti noti della scena rock locale si aggirano un po’ spaesati tra le frotte di ragazzine adoranti pronte a tutto pur di strappare un capello a “Barbie Addominali”, e come sempre in queste occasioni, è davvero inutile tentare l’assalto alla transenna, tanto vale godersi il tutto dal bancone. La prima band di supporto è tutta italiana, e a mente fredda quel che viene spontaneo chiedersi è “perché non ascoltavo gli Speed Stroke?” Questi ragazzi di Imola sono a mio avviso la vera rivelazione della serata; (Jack – Voce, D.B. – L chitarra Niko – R Chitarra, Fungo – Basso, Andrew – batteria) in attività  dal 2010, nati dalle ceneri dei JOHNNY BURNING, band dell’etichetta Street Symphonies, nel 2013 il loro primo album, salgono sul palco stasera per presentare “Fury” (Bagana Records). Più di 200 concerti in 4 anni, alcuni con artisti come Shameless/Tuff, Labyrinth, Sister, Tigertailz, Kissin’ Dynamite, Pino Scotto,Confess, Living Dead Lights,Hardcore Superstar e Steel Panther, non si può dire che i ragazzi non sappiano come si tiene il palco.  Attaccano con “Sick of you” ed è subito festa (qui il video, fatevi spettinare): la voce di Jack, un look alla di Nikki Sixx e un’umiltà  che gli fa onore, ci monopolizza l’ascolto fin da subito. C’è talmente tanto rock’n’roll nell’attitudine di questi ragazzi che sei canzoni non bastano; mancano le bombe di coriandoli, le bottiglie rotte e le strippers sui tavoli… insomma, l’atmosfera di questi riffs è di quelle che ti fanno venire voglia di saltare rovesciando la birra che ti dimentichi di avere in mano, è divertimento puro, è l’energia dei ragazzi che fanno ciò che sognano di fare, e fa ben sperare chi vuole tentare di fare questo mestiere. Gli Speed Stroke sanno di band genuina, e musicalmente molto interessante; ci fanno ascoltare alcuni brani tratti dall’ultimo album, uscito per BAGANA RECORDS, inciso a Bologna da Marco Paradisi, il mastering realizzato dalle stesse sapienti mani di Giovanni Versari che ha masterizzato “Drones” dei Muse – La Maestà  studios (ha vinto un Grammy, mica noccioline) . Riuscitissima “1more1″ (qui il video) - che ha davvero un tiro micidiale – una bomba “Demon Alcohol” (fantastiche le chitarre qui), e grande chiusura con la tripletta “From scars to stars”, “Bet it all” e “Age of Rock’n’Roll”, dall’album “Speed Stroke” del 2012. Che dire, un riscaldamento fin troppo riuscito, chi non li conoscesse ancora è pregato di rimediare.

Arrivano quindi i Santa Cruz, da Helsinki con furore, col loro street rock pieno di Skid Row, una band dalle qualità  indiscutibili, grande carisma e una resa live fenomenale. Questi ragazzi hanno tutte le carte in regola per scaldare ulteriormente la temperatura; un debutto piuttosto recente con l’album Screaming for Adrenaline pubblicato nell’aprile del 2013, presentano ora il lavoro omonimo uscito nel 2015 per Spinefarm Records. Invidiabili capigliature nordiche color paglia sbiadita e un bel graffio nei pezzi che arrivano come bordate, Arttu “Archie” Kuosmanen (voce, chitarra) e soci ci servono bollenti “Bonafide heroes”, “Velvet rope” e”My remedy” dall’ultimo album tanto per cominciare. Potenti i cori e l’attitudine sfacciata della chitarra di Joonas “Johnny” Parkkonen, un po’ piùtimido ma efficace il basso di Mitja “Middy” Toivonen, il tutto supportato dal fabbro ferraio Tapani “Taz” Fagerström nascosto dietro la leggendaria colonna spezza-palco di questo locale che sembra sempre piùrovente, sarà  una mia impressione? Il pubblico canta ogni canzone, chiaro segnale che non sono solo i Reckless Love ad essere attesi come portata principale. Segue “Bye bye Babylon”, che rallenta un pò il ritmo ed è facile da canticchiare; quindi per farci respirare un attimo Archie chiede a tutti di sedersi per terra, mentre attacca “6(66) feet under”, per realizzare un mini-siparietto quando al suo segnale ci chiede di esplodere saltando in piedi per scatenarci e ballare con le mani al cielo, cosa che non ci riesce assolutamente difficile, soprattutto per gridare “one two three for five six six six feet undeeeeeer”.  Arriva poi la bellissima “Nothing compares to you”, terzo estratto dall’album di debutto Screaming for Adrenaline, che ha quel nonsoché di inno, con un solo da occhi sognanti e viaggio on the road, bellissimi i cori, perfetti per il coinvolgimento del pubblico. Seguono “Can you feel the rain”- meno incisiva e poco originale rispetto agli altri pezzi –  e la conosciutissima “We are the ones to fall” (qui il video) con quel ritornello che cantano anche i pavimenti e un tiro da paura. “Wasted and wounded” ci toglie ogni residuo di energia, come non fare head banging su certi pezzi? Ed eccoci in chiusura con la canzone che non può mancare, ovvero “Aiming high”, un piccolo gioiellino della band tratto dal primo album. Viene da dire “aspetta che mi riprendo” dopo una botta calda come quella dei Santa Cruz, davvero fenomenali, e non è ancora ora di mettersi in macchina per rincasare.

Eccoci pronti per il gran finale: capitanati dal vocalist Olli Herman (conosciuto anche come H. Olliver Twisted, nonchè cantante per un breve periodo della Sleaze Metal band Svedese Crashdiet)  i Reckless Love hanno esordito nel 2010 con l’album omonimo, seguito nel 2011 da “Animal Attraction” e nel 2013 da “Spirit”. “Invader” è il loro quarto album ed è stato rilasciato all’inizio del mese di marzo (a questo link potete vedere il nuovo video “Monster”) e questo tour li vede presentare al mondo un disco che rappresenta quello per cui i Reckless Love sono ben noti; divertimento, melodie furbette e tanta voglia di far ballare le loro giovanissime fans. Il disco arriva dopo un periodo di pausa in cui Olli è stato impegnato con il suo side-project, i The Local Band, gruppo in cui militano componenti di Children Of Bodom, The 69 Eyes e Santa Cruz, freschi di release “Locals Only” alla fine dello scorso anno in cui hanno dato lustro a delle cover del passato.

Olli appare per ultimo sul palco, il suo ingresso in scena è impossibile da non notare a causa dell’intensificazione delle urla stridule nelle prima file: il ghigno punk spavaldo, i bicipiti gonfi e un paio di occhiali da sole ingombranti, quel basco con la visiera da biker che ricorda un giovanissimo David Lee Roth… è innegabile che sia nato per stare su un palco, ma la line up non sembra da subito all’altezza dell’impalcatura da grande show. Si comincia con “Animal Attraction” pezzo del 2011 che ci piace perchè è immediato e orecchiabile, perfetto per far ballare, e rappresenta la versione “originale” del sound della band, prima della virata piùpop degli ultimi lavori. Segue “So Happy I Could Die”, uno dei singoli piùriusciti, con un tiro potente e ammiccante, e il pubblico va in delirio, anche se l’esecuzione lascia un po’ a desiderare. Spesso capita che dal vivo le band decidano di usare un approccio più”heavy” rispetto al disco, purtroppo i risultati non sempre sono eccellenti; volumi sparatissimi e chitarre un pò troppo “sporche” rovinano la qualità  dei brani, e la sensazione si enfatizza quando attacca “Monster”, il nuovo singolo tratto da “Invader”. Alzi la mano chi non ha inconsapevolmente canticchiato un motivetto pop di una certa Mrs Spears; la mia anima musicale si è sentita centrifugare i connotati, per stavolta niente rock’n’roll ragazzi, spiace constatare. Arriva poi “Hands”, sempre dall’ultimo lavoro, che risolleva un pochino gli animi, anche se gli spunti sono poco originali e molto, molto radiofonici. Segue “Beautiful Bomb”, altro pezzo degli esordi, quelli che ci piacevano e ci facevano divertire, perché per quanto scanzonati e leggeri si trattava di motivetti niente male, e un po’ di nostalgia ci assale. “Edge of Our Dreams” rallenta un pò il ritmo e viene cantata a gran voce prima che Olli presenti con orgoglio “Scandinavian Girls”, un pezzo che galleggia tra il pop alla One Direction e il folklore nostrano, tant’é che mi si insinua la ridente sensazione di non essermi poi persa molto saltando a piè pari le date del Backstreet’s back Tour nel 1997, quando tutte le mie compagne di classe mi ci volevano portare. Il climax di questo pezzo, l’assolo di chitarra, è un curioso rimando a un pezzo storico di Calibi-Pinchi-Carlo Donida, anno 1953, e per un pò pare quasi di bivaccare ad un raduno nazionale del corpo degli Alpini, ma questo i Reckless Love non possono saperlo, e vanno avanti duri con “Born to Break Your Heart” e “Rock It” tra l’esultanza delle fans piùgiovani che aspettano fameliche la liberazione dell’addominale. “Back to Paradise” e “On the Radio” precedono “Night on Fire” che ci piace, non si può negare, e quando finalmente arriva il momento piùatteso della serata (appunto, l’addominale) in Via Fermi 98 c’è da aggrapparsi alle birre per non cadere. Insomma, siamo in chiusura, un po’ stanchi un po’ frastornati, e Olli ci saluta coi suoi guantini rossi di pelle e i suoi occhioni blu inumiditi dal mascara: “We Are the Weekend” e “Hot” ci danno la buonanotte, e noi ci avviamo alle nostre macchine, meditando quale cd far ingoiare al lettore, giusto per riequilibrare i chakra e ritrovare la pace interiore.

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