È un lunedì ottobrino quello del 10 ottobre 2022 e all’Alcatraz di Milano stanno per esibirsi due delle più importanti e storiche band esponenti della New Wave of British Heavy Metal, i Diamond Head e i Saxon. Il pubblico, non numeroso nonostante la portata dell’evento, per la maggior parte presenta un’età decisamente orientata verso l’alto, ma non mancano anche le nuove generazioni di metallari che, intelligentemente, hanno compreso dove sta di casa l’Heavy Metal più classico del classico…e di sostanza.

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Ed è proprio la sostanza a dominare una serata di puro Heavy Metal britannico; dove ancora una volta musicisti, anche ultrasessantenni, dimostrano cosa voglia dire nascere con addosso un “Denim and leather”.

Aprono la serata i Diamond Head, gruppo di Stourbridge che accompagna i Saxon nel ” Seize the Day World Tour”, partito il 3 ottobre dall’Olanda, un giorno in ritardo essendo saltata la data prevista a Parigi come kick-off del tour.

La formazione fa ingresso sul palco puntualissima alle h 20, annoverando tra i componenti Brian Tatler alla chitarra solista, fondatore e unico membro originale della band, Rasmus Bom Andersen alla voce, Andy “Abbz” Abberley alla chitarra ritmica, Eddie Moohan al basso e Karl Wilcox alla batteria.

Eseguono ben cinque brani tratti dal loro album di debutto “Lightning to the Nations” del 1980: “The Prince” scelto come pezzo di apertura del concerto, l’omonima “Lightning to the Nations”, “It’s Electric”, “Helpless” e la gemma senza tempo “Am i evil?”.

Vengono inoltre eseguiti: “Bones” dall’album “Diamond Head”, “The Messenger” perla dell’ultimo album del 2019 “The coffin train” e “In the Heat of the night” dall’album “Borrowed time”.
La band, ed in particolare Andersen, cerca di coinvolgere e ravvivare un pubblico un po’ fiacco con scarsi risultati. Il pubblico, composto per la maggior parte da metallari vecchia scuola, non è molto predisposto a novità e cambi di line up.

L’impegno profuso dal giovane cantante in tal senso è comunque encomiabile; come anche la sua stessa performance. Ottima padronanza vocale, che gli permette di passare agevolmente da timbriche pulite allo screaming; con sfumature che ci ricordano lo storico cantante di questa band Sean Harris.

Impeccabile prestazione di Tatler che, alla chitarra, ci propone riff e sfodera assoli dal notevole feeling e senza alcuna sbavatura. A parte Andersen, Tatler e il batterista, che nel complesso sfodera un’ottima prestazione, gli altri due membri della band rimangono un po’ dietro le fila.

I Diamond Head occupano il palco per solo 45 minuti circa, secondo noi in maniera egregia, ma scarsamente supportati dal pubblico, forse non del tutto consapevole del solco lasciato da questa band nella storia dell’Heavy Metal. Decidono di salutarci con uno dei pezzi loro più conosciuto, notorietà raggiunta soprattutto dopo la cover che ne fecero i Metallica, e considerato da molti uno dei migliori “Am i evil?”.

Ed arriviamo al main event della serata, i Saxon. Forti di una formazione longeva che non si discosta molto dall’originale, sembrano cavalieri templari, appunto sassoni, che non sentono per nulla lo scandire del tempo. A capitanarli abbiamo il granitico Biff Byford, membro originale dal 1977 e fondatore della band assieme all’ancora attuale chitarrista Paul Quinn. Abbiamo poi Doug Scarratt, chitarrista presente nella band ormai da quasi trent’anni, e Nibbs Carter, al basso presente dal 1988. A sostenerli al galoppo c’è lo storico Nigel Glockler, che seppur assente a tratti nella storia della band si può dire che abbia affrontato tutte le battaglie insieme ai fratelli d’armi.

Il concerto inizia alle 21, nel frattempo l’Alcatraz aumenta il numero dei presenti, anche se siamo distanti dal soldi out, complice la serata di lunedì ed i tanti concerti, soprattutto a Milano, che da dopo la pandemia affollano l’agenda di noi fedeli metallari.

Si parte l’attacco con la totale track dell’ultimo album, Carpe Diem (Seize the Day). La band decide di scaldare i motori partendo in quinta, l’intro strumentale al brano è il classico tappeto che apre una canzone dalla tematica storica, in questo caso di conquistatori della Capitale che eressero, in terra sassone, il celebre Vallo di Adriano. Le intenzioni della band appaiono chiare…raccogliere quanti più fans possibili e portarli a vincere l’ennesima battaglia.

Si passa a “Sacrifice“, title track dell’album del 2013. L’incedere non cambia, il timing dei riff è un vero martello. Stessa storia per il terzo brano “Age of Steam“, sempre dall’ultimo album…i Saxon non danno tregua ai fans ” avversari”.

È da sottolineare che molti brani della scaletta appartengono all’album Carpe Diem (2022) , cosa che sembra quasi in controtendenza con la scelta delle band storiche, che di solito prediligono intrattenere con i loro classici; ciò significa che i Saxon ,nonostante la non più giovane età, credono ancora fermamente nella loro capacità creativa. E devo dire che lo fanno sicuramente con ragione, non è questa la sede per valutare un album, ma mi sento di dire che, tematiche classiche a parte, dal punto di vista artistico i loro ultimi lavori, in particolare il penultimo “Thunderbolt” del 2018, ed escludendo “Inspirations” del 2021 poiché album di sole cover, rivelano una vena creativa che sembra non indebolirsi mai. Una vera goduria per i fedeli del metallo.

Si passa a “I’ve Got to Rock (to Stay Alive)”, un vero inno alla vita rock presente sull’LP “Inner Sanctum” e che vide la partecipazione di Lemmy, Andi Deris ed Angri Anderson… “Devo fare rock per rimanere in vita”, la dice lunga sulla tematica del brano. A seguire, “Dambusters”, altra galoppata fino alla metà…i Saxon non mollano.

Arriva poi un brano da “Unleash the Beast” del 1997, “The Thin Red Line“, i ritmi si abbassano assumendo un tono più “pump”. I due brani successi sono tratti da “Strong Arm Of the Law” del 1990, “Dallas 1 PM” ed “Heavy Metal Thunder”.

A questo punto, Biff decide di coinvolgere il pubblico chiedendo con quale brano intende continuare tra “The Eagle Gas Landed” e “Broken Heroes”; su quest’ultima ricade la scelta. Bellissima ed emozionante midtempo, magistralmente eseguita.

Ancora un brano da “Carpe Diem”, “Black Is The Night” e “”Metalhead” dall’omonimo album del 1999, che eleva di nuovo i ritmi.

Finalmente un paio di classici a ricordarci da dove sono partiti, “And The Bands Played On” da Denim and Leather del 1981, e la stra famosa “Wheels Of Steel”.

I Saxon si concedono una piccola pausa prima per dare la stoccata finale. Concluderanno il concerto, infatti, con due Encore, tra cui “The Pilgrimage” sempre da “Carpe Diem”; i Saxon sui midtempo epici hanno pochi rivali e le successive band non hanno potuto fare altro che attingere da loro. Sempre nel primo Encore abbiamo anche “747 (Strangers in The Night)” da “Wheels of Steel”, ed un originale medley delle due title track dei rispettivi album “Strong Arm Of The Law” e “Solid Ball Of Rock”, in cui i Saxon coinvolgono il pubblico nei cori e nella partecipazione attiva, riuscendoci decisamente bene.

Piccola pausa e si arriva al secondo ed ultimo Encore che chiude questa bellissima serata all’insegna dell’Heavy Metal “primordiale”. Le immancabili “Denim and Leather” e “Princesse Of The Night”, lasciano spazio ai saluti della band, che grazie ad una prestazione al limite del superlativo, vista anche la loro età, ha creato un legame vivo col pubblico durante l’esecuzione di ogni brano.
Personalmente ritengo quasi commovente il comportamento sul palco e la performance di questi “vecchietti” del Metal. Da citare sicuramente la prestazione del settantunenne Byford che, oltre a saper ancora cantare egregiamente, non ha perso quel carisma che gli ha permesso di rimanere al comando di questa inossidabile formazione, sopravvissuta ai fatidici anni ’90; un rocker come pochi altri nella storia.

Non da meno gli altri membri della band, tra la precisione e il feeling dei chitarristi, le scorribande del bassista Carter su e giù sul palco, la prestazione veramente eccellente di Glockler che suona con l’energia di un ventenne…non saprei a chi dare l’MVP della serata.

Lunga vita a questa band, paladini della fede metallica a cui dobbiamo dire grazie per questo bellissimo concerto e di fare sventolare alta, dal lontano 1977, la bandiera dell’Heavy Metal. Dato ciò, credo di poter perdonare anche la loro scelta di non mettere in scaletta “The Crusader”.

GOD SAVE THE SAXON!

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