LUNARIO, 2024

E’ bastato attendere il primo venerdì di Febbraio per poter finalmente verificare la consistenza di uno degli esordi più attesi e chiacchierati degli ultimi anni. Benedette dal Rising Star Award agli ultimi Brits e con il timbro di New Sound Of 2024, doverosamente apposto dalla BBC, le The Last Dinner Party non solo non inciampano nello strascico di un hype che, ora, trova una muscolare conferma alla propria consistenza ma, addirittura, riescono a spingere il risultato ben oltre le più rosee aspettative. La loro ragione sociale è già tra quelle destinate a segnare i prossimi 11 mesi. È altrettanto evidente che le cinque musiciste londinesi siano ormai pronte a banchettare, in modo sfarzoso, non per una sbrigativa ultima cena ma per il primo di una lunga serie di (auspicabili) baccanali.

Prelude To Ecstasy, un debutto dall’inconsueta lucidità, dimostra livelli di self confidence tali da permettergli di sedurti senza ricorrere ad un banale eye contact. Per farti perdere i sensi non ha alcun bisogno di aggredirti subito alla gola e, senza leziosi giri di parole, mette sul tavolo la sua identità, costringendo l’ascoltatore ad un improcrastinabile prendere o lasciare. Schiette e sfrontate come delle Wet Leg amiche di Emily Brontë (ma anche di Mary Shelley) ed incamminate, in modo più che promettente, verso l’intensità di Florence Welch (con l’aggiunta di qualche goccia di Siouxie), le cinque ragazze londinesi, armate di un contagioso entusiasmo, riescono a trasmettere tutta la gioia del fare musica insieme, risultato mai scontato per qualsiasi musicista. Dalla loro, a seconda del caso, hanno l’arsenale melodico degli Abba (Nothing Matters, Sinner), il melodramma glam dei primi Spark (Cesar On A TV Screen), la fragilità della Kate Bush di The Kick Inside (Beautiful Boy), l’istrionica inventiva pop di Jarvis Cocker (The Feminine Urge) e persino l’epica hollywoodiana dei kolossal anni ’50 (Prelude To Ecstasy). Un catalogo in grado di raccontare, senza esaurirlo, il vocabolario di una band che, in questo momento, sembrerebbe davvero capace di qualsiasi cosa.

Ad amplificare l’impatto dell’ensemble ci pensa la produzione di James Ford (Arctic Monkeys, Florence and The Machine, Haim, Blur) che esagera, riuscendo a fermarsi un passo prima dell’eccesso, ben sapendo di aver di fronte delle musiciste perfettamente in grado di reggere l’urto di un suono così “carico”. La sobria teatralità della voce di Abigail Morris e la chitarra di Emily Roberts sono il collante ideale per una cornice di decadenti eccessi vittoriani la cui metà basterebbe a ricoprire di ridicolo la buona volontà di qualsiasi ambizioso esordiente. Gli arrangiamenti, mai ritmicamente mansueti, insieme all’uso ancestrale delle voci (magistrale soprattutto nell’intermezzo in lingua albanese di Gjuha) danno definitivamente forma ad un lavoro in grado di non soccombere mai ad archetipi di riferimento, certamente distinguibili, che vengono costantemente rimodellati seguendo criteri completamente originali.

Gli annali della musica inglese sono, purtroppo, colmi di brillanti e fulminati album d’esordio che non hanno mai trovato un seguito (The La’s) o che, al contrario, sarebbe stato meglio non ne avessero mai avuto uno (The Stone Roses). Disgraziatamente il talento, qui macroscopicamente evidente, non è la sola variabile in grado di condizionare questo genere di racconti. Il semplice allineamento delle stelle può ben poco di fronte all’istinto, ad auto sabotarsi, che si annida in ogni essere umano abbracciato da un successo e noi, pubblico fiduciosamente ottimista, possiamo solo provare ad incrociare le dita. Eppure, tra miliardi di ingestibili variabili che regolano l’esistenza, emerge una confortante certezza.

Prelude To Ecstasy è un romanzo di formazione, un racconto dickensiano riscritto da Oscar Wilde, un fermo immagine di esuberanza giovanile e di perdita dell’innocenza. I suoi 41 minuti hanno il sapore di un bacio, lascivo e frugale, consumato nella penombra bruciata di una lampada ad olio. Ti scuote. ti sorprende, ti stordisce a suon di dolci lusinghe, ti avvolge e poi ti abbandona, lasciandoti, sulle labbra, l’umida promessa delle prime luci dell’alba come pegno delle licenziose carezze di un nuovo giorno che, ora, attenderemo con adolescenziale trepidazione.

9/10

Tracklist:

Prelude To Ecstasy
Burn Alive
Caesar on a TV Screen
The Feminine Urge
On Your Side
Beautiful Boy
Gjuha
Sinner
My Lady of Mercy
Portrait of a Dead Girl
Nothing Matters
Mirror

The Last Dinner Party:

Abigail Morris – Voce
Lizzie Mayland – Cori, chitarra, flauto
Emily Roberts – Chitarra principale, mandolino, flauto, cori
Georgia Davies – Basso, cori
Aurora Nishevci – Tastiera, organo, pianoforte, sintetizzatore, cori
Rebekah Rayner – Batteria, percussioni (presente solo nelle performance dal vivo)

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