Hellfest 2022 – Weekend 2
Dopo la prima parte dell’Hellfest 2022 svolto dal 17 al 19 Giugno (leggi qui il nostro Live Report), il festival riprende con una seconda parte ricca di ben 4 giorni di concerti che si preannunciavano ancora più entusiasmanti di quelli vissuti nel weekend precedente. Ebbene, non solo le attese sono state pienamente soddisfatte, ma addirittura superate!
Giovedi 23 Giugno
Riparte il secondo lungo weekend dell’Hellfest 2022 all’insegna di una programmazione decisamente hard rock per quanto riguarda i palchi principali. Con una ripresa dei concerti programmata eccezionalmente ad inizio pomeriggio (invece delle solite 10:30), la giornata inizia con la band di un chitarrista che ha fatto la storia dell’hard rock, Phil Campbell. Phil è stato infatti per molti anni tra i membri principali di quella che è la band più amata e venerata dall’intera comunità rock & metal, una band leggendaria di cui l’Hellfest ha tra l’altro voluto dedicare questa giornata inaugurando la nuova statua presente sul sito custodendo le ceneri del mitico Lemmy Kilmister, artista unico nel suo genere e anima della mitica band britannica Motörhead. Phil si è quindi esibito con il suo progetto musicale Phil Cambell & The Bastard Sons, fondato proprio dopo l’inevitabile scioglimento dei Motörhead in seguito alla morte di Lemmy nel 2015, costruito insieme ai suoi tre figli e il nuovo cantante Joel Peters (che rimpiazza quindi il cantante originale Neil Starr). Per quanto la band abbia già 2 album ed 1 EP all’attivo, il set suonato all’Hellfest è interamente composto da pezzi dei Motörhead, un omaggio apprezzatissimo in questa giornata speciale in onore di una delle band più importanti della storia del rock. E per quanto il nuovo cantante sia magari un filo meno carismatico del suo predecessore, non manca né di entusiasmo né di qualità sul palco per onorare la loro performance. Il pubblico canta quindi a squarciagola praticamente tutti i pezzi del loro set fino all’ultimo, rivivendo in qualche modo parte di quegli indimenticabili concerti che solo i Motörhead erano in grado di fornire. Proseguendo nella programmazione dei mainstages, troviamo Tyler Bryant & The Shakedown direttamente da Nashville con il suo Hard Rock carico di influenze blues/country molto energiche, sprigionando una performance molto convincente e soprattutto tanta qualità di composizione. Sorvolando la seguente prestazione pessima dei Thunder con un Danny Bowes molto arrogante nell’addirittura chiedere al pubblico di non applaudirlo fino alla fine dei pezzi in modo da non interromperlo (mai vista una cosa simile), passiamo a una delle più belle scoperte di questo Hellfest 2022, i The Last Internationale. Band di blues/rock di New York potenziata da tra musicisti francesi membri dei fenomenali Shaka Ponk (Steve, Mandris e Ion). La band americana riesce a cogliere l’attenzione di tutto il pubblico con una prestazione a dir poco ipnotica. Non solo per il carisma sensazionale e la voce da brividi della fantastica frontwoman Delila Paz, ma proprio per l’atteggiamento e la classe di un esibizione carica di emotività, con pezzi dai testi ingaggiati su temi sociali molto attuali e una performance alla chitarra sopraffina di Edgey Pires. Non a caso questa band è stata selezionata sia dai Deep Purple che dai KISS per aprire ai concerti dei loro tour estivi, il che la dice lunga sul valore indiscusso di questa band. Continuando con una prestazione un po’ anonima degli UFO (soprattutto dopo l’esibizione straordinaria nel weekend passato del loro ex-chitarrista Michael Schenker) ci godiamo seguentemente gli interessantissimi Tribulation all’Altar Stage prima di assistere all’esibizione di uno dei chitarristi più influenti e impressionanti della storia del rock, l’inimitabile Steve Vai. C’è poco da fare… quando assisti ad un esibizione interamente strumentale e non senti per niente la mancanza di un cantante, vuole veramente dire che si ha a che fare con un fenomeno… e se non lo è Steve Vai, chi potrebbe esserlo? Pezzi sontuosi conditi da una base live di basso/batteria estremamente travolgente danno quindi vita a degli assoli di chitarra di una bellezza incomparabile. Arriva in seguito il momento tanto atteso di un’altra band che ha fatto la storia del rock e che con grande rammarico si esibisce in questo tour per l’ultima volta, i leggendari Whitesnake di David Coverdale. La loro esibizione è stata una delle performance più commoventi a cui abbia mai assistito. La bellezza dei pezzi dei Whitesnake è indiscussa, così come il valore assoluto di musicisti come Joel Hoekstra, Reb Beach, Tommy Aldridge, il nostro Michele Luppi e la sensazionale new entry Tanya O’Callaghan al basso. E anche se è inevitabile che David non abbia più la potenza nella voce dei tempi d’oro, le qualità vocali sono ancora sensazionali e la sua performance è andata al di là di ogni aspettativa, con una classe immensa e una voce emozionante. Vedere gli occhi lucidi di David a fine set è stato qualcosa che mi porterò nel cuore per sempre, non nascondendo che non fosse decisamente l’unico con gli occhi lucidi… set reso ancora più epico dall’avere sul palco Steve Vai per l’esibizione di “Still Of The Night” in quanto ex-membro storico della band britannica. Momento da vera pelle d’oca. “Once a snake, always a snake” intona David in onore a Steve Vai, e penso che ci sentiamo tutti un po’ “snakes” al cospetto di una band che ha dato moltissimo a tutti noi. Proseguendo con la performance di una delle band di power metal più influenti del genere come gli Helloween, sempre carichi di un energia straripante e del loro set esplosivo composto dalle varie voci che hanno contribuito alla storia della band tedesca, ci prepariamo agli headliner di questa giornata, i leggendari Scorpions. La loro performance è strettamente in linea con quanto visto di recente all’arena di Verona (leggi qui il nostro Live Report), con una performance di tutto rispetto nei limiti di quello che l’età dei membri consenta di fare alla storica band tedesca. I pezzi nuovi dell’ultimo album “Rock Believer” suonano molto bene dal vivo e la performance è tutto sommato un crescendo di qualità su cui è sempre impossibile non farsi coinvolgere dalla bellezza delle ballad storiche che questa band ha saputo comporre. Come detto nel live report di Verona, non possiamo che ringraziare gli Scorpions per tutto quello che hanno fatto e per darci ancora la possibilità di goderci questi momenti dal vivo, sempre e comunque ancora validissimi anche dopo tutti questi anni. Concludiamo questa giornata con due performance che solo un festival come l’Hellfest poteva regalarci. Il festival francese ha infatti tra gli innumerevoli punti di forza anche quello di saper portare sui suoi palchi delle band capaci di esprimere dei concetti musicali di nicchia che creano delle vere e proprie esperienze musicali più uniche che rare. La prima di queste due performance è l’esibizione degli Heilung sul palco del Temple Stage. E’ stata una delle esperienze musicali più sensazionali a cui abbia mai potuto assistere. Gli Heilung sono un gruppo di folk metal / neofolk / musica etnica composto da membri danesi, norvegesi e tedeschi che hanno come obbiettivo di portare sul palco composizioni basate su testi trascritti da antiche rune delle popolazioni germaniche dell’età del bronzo, l’età del ferro e l’era vichinga. È stata un ora da pelle d’oca continua, con un esibizione che ha permesso di fare un vero e proprio viaggio nel passato, usando strumenti ancestrali e curando l’aspetto scenografico con dettagli maniacali. Dai costumi ai balli tribali, dove oltre ai musicisti erano presenti più di una decina di artisti travestiti da guerrieri e druidi che si sono esibiti in coreografie che simboleggiavano danze di guerra e riti pagani, il tutto condito dall’utilizzo di vere e propria ossa e corna di animali per ricreare in maniera più fedele possibile il suono degli strumenti del passato. Sensazionale! Gli Heilung definiscono il loro concetto musicale come “un esperienza di storia amplificata dell’era pre-mediavale dei popoli del Nord Europa”, e penso che non ci sia modo migliore per descriverlo. Un esperienza davvero indimenticabile! Chiudiamo quindi la giornata su un’altra band capace di regalarci un momento di storia e di cultura norrena come i Wardruna. Questa volta la cornice è addirrittura il Mainstage 2, il che permette alla band norvegese di esprimere tutta la maestosità del loro concetto musicale. Anche in questo caso, la band ha come obbiettivo di portare sul palco il concetto musicale di tradizioni culturali e esoteriche, questa volta però interamente focalizzate sull’era vichinga. La band è inoltre conosciuta per aver anche contribuito con numerosi pezzi alla colonna sonora della famosissima serie televisiva di History Channel Vikings. L’uso di strumenti direttamente ricostruiti fedelmente dai ritrovamenti avvenuti negli scavi di cimiteri vichinghi in Norvegia permette a questa band di offrirci una esperienza davvero mistica che non può che essere una delle chicche più sensazionali che ci ha regalato questo Hellfest. Ancora una volta il festival francese ci dimostra quanto lavori sulla selezione di un pacchetto di band capaci di essere allo stesso tempo estremamente varie ma sempre e comunque legate in qualche modo ai valori e agli aspetti musicali a cui il pubblico metal tiene particolarmente. Basta vedere l’entusiasmo letteralmente alle stelle del pubblico per capire quanto queste due esibizioni siano senza alcun dubbio tra gli highlights di questa edizione dell’Hellfest 2022.
Voto concerti visti in Full Set (FS) e Partial Set (PS):
Phil Campbell And he Bastard Sons (FS) 9 / Tyler Bryant & The Shakedown (FS) 8 / Thunder (PS) 3
The Last Internationale (FS) 10 / UFO (PS) 5 / Tribulation (FS) 7 / Steve Vai (FS) 10
Whitesnake (FS) 10 / Helloween (FS) 7 / Scorpions (FS) 8 / Heilung (FS) 10 / Wardruna (FS) 9
Venerdi 24 Giugno
Abbiamo dovuto arrivare al quinto giorno di festival per avere il vero e proprio rischio di sperimentare anche l’Hellfest sotto vere condizioni di diluvio (omettendo il temporale lampo del secondo giorno durante l’ultimo set di giornata degli Airbourne). Rischio che prontamente fu poi confermato a fine giornata. Tornando però alle prime esibizioni di questo Venerdì, dopo esserci scaldati su un paio di partial set di band minori, iniziamo di nuovo con il botto con quella che è la band che forse incarna meglio in assoluto il concetto di blues/rock nell’intera scena rock attuale, i Blues PIlls. Semplicemente fenomenali! Energia, carisma, classe, eleganza, adrenalina, creatività… non saprei quanti aggettivi positivi potrei ancora dare ad una band che dimostra una coesione tra musicisti strabiliante e una maturità artistica letteralmente da capogiro per una band ancora molto giovane. Elin Larsson è un artista affascinante, che sa tenere il palco come pochi e che a una profondità vocale più che sensazionale. La band gira come un metronomo e la loro performance vola letteralmente troppo presto! Avremmo voluto come minimo ascoltarli un’altra ora, se non di più! Uno spettacolo musicale di livello magistrale! Continuando con un l’esibizione di altissimo livello di Danko Jones, artista e frontman estremamente a suo agio con il pubblico e davvero coinvolgente, ci godiamo il suo hard rock estremamente trascinante fino a spostarci al Temple Stge per goderci l’interessantissimo set dei Witchery, band che può essere definita sia dall’aspetto musicale che scenografico come un misto tra Abbath e gli Avatar. Torniamo quindi sul Mainstage 2 per gustarci l’esibizione di un’altra band simbolo del power metal, gli impressionanti Dragonforce. Grazie al loro metal dai ritmi estremamente sostenuti e agli strabilianti assoli in tapping dei talentuosi Herman Li e Sam Totman, ci godiamo un set davvero divertente condito da una qualità di esibizione impeccabile, facendo sembrare velocità di esibizione supersoniche un vero gioco da ragazzi. Grazie a suoni che ricordano moltissimo le colonne sonore dei primi videogame da sala gioco in formato midi, i Dragonforce sono riusciti a estrapolare queste melodie in pezzi davvero entusiasmanti e tecnicamente molto complessi, capaci di far rimanere a bocca aperta chiunque. Grazie al valore aggiunto della nuova bassista Alicia Vigil, alla tecnica sopraffina del nostro Gee Anzalone alla batteria e alla personalità dell’ormai super collaudato Marc Hudson al canto, il loro set è tanto divertente quanto impressionante. Qualità, tecnica e precisione rendono quindi la performance dei Dragonforce assolutamente memorabile. Spostandoci di nuovo al Temple Stage per ammirare un icona del Black Metal come Ihsahn (frontman dei leggendari Emperor) e goderci il suo progetto solista che può essere definito come un technical blackened death metal estremamente entusiasmante, torniamo poi nuovamente al Mainstage 2 per assistere alla performance dei Kreator. Per quanto i loro pezzi thrash metal siano sempre ammirevoli e inevitabilmente molto apprezzabili, ho trovato la band tedesca leggermente meno esplosiva del solito, con un set di assoluto livello ma con quel tocco di esplosività in meno rispetto al normale che l’avrebbe resa una performance da 10. Detto questo, rimangono sempre una band di riferimento del genere e i pezzi del nuovo album “Hate Über Alles” sono sicuramente molto validi. Giunge il momento anticipato del diluvio assoluto subito dopo il set dei Kreator, con una buona ora e mezza abbondante di pioggia molto intensa che per fortuna non influirà comunque sul normale svolgimento del festival. Paura che ci ha comunque sfiorato la mente sapendo che l’highlight di giornata era imminente, ovvero la performance dell’immortale Alice Cooper. Se dovessi definire la band perfetta, non avrei alcun dubbio nel designare Alice e i musicisti che compongono la sua band da ormai quasi 10 anni. Tommy Henriksen, Ryan Roxie e Nita Strauss alle chitarre, Glen Sobel alla batteria e Chuck Garric al basso. E’ come menzionare praticamente un membro del top 20 (se non top 10) dei migliori interpreti attuali di ogni strumento. E poi ovviamente c’è lui, il leggendario Alice Cooper. Non riesco neanche a trovare le parole per definire l’immensità di questo artista che mette in scena a 74 anni ancora una delle migliori performance di questo Hellfest, sia dal punto di vista musicale che dello spettacolo. I suoi set sono pure opere teatrali capaci di rendere onore a una carriera mostruosa con ben 28 album in 54 anni di musica… roba da capogiro! E soprattutto con la volontà dichiarata di continuare a produrre materiale che, come dimostra l’ultimo album “Detroit Stories”, continua ad essere sensazionale! La scaletta è un trionfo dei maggiori successi di Alice conditi dai consueti colpi di scena teatrali ed effetti scenografici sbalorditivi… il mondo del rock deve moltissimo ad Alice, e noi non smetteremo mai di ringraziarlo infinitamente per essere il vero e proprio ambasciatore dell’intera famiglia del rock. Arriva il momento della più grande sorpresa di questo Hellfest, che per quello che mi riguarda ha del clamoroso perché ammetto che ero convinto che avrei avuto molta difficoltà ad apprezzare questa da band di cui non sono particolarmente amante da album studio. Ebbene sono rimasto felicissimo di essere clamorosamente smentito… perché lo spettacolo che mettono in scena i Nine Inch Nails è qualcosa di strabiliante! Un suono devastante e una coreografia di luci che molto probabilmente si aggiudica il titolo di migliore scenografia di questa edizione dell’Hellfest danno vita ad uno spettacolo assolutamente strepitoso. Ok, ci sono un paio di pezzi in cui la componente elettronica è veramente molto spinta e forse troppo distaccata da quello che è lo spettro dei generi musicali dell’ambito rock/metal, però i Nine Inch Nails sono stati molto intelligenti nell’inserire principalmente solo pezzi carichi di chitarre distorte e riff esplosivi che non potevano che generare un grande entusiasmo tra il pubblico. Tanto di cappello per aver studiato una scaletta ad-hoc per questo festival e di conseguenza strameritarsi una menzione d’onore per lo spettacolo portato sul palco, con degli effetti di luci/ombre di una bellezza davvero singolare. Chiudiamo quindi questa giornata con un ulteriore prestazione dei Megadeth (in seguito a quella avvenuta settimana scorsa) che si dimostrano però questa volta capaci di portare almeno un paio di marce in più rispetto a quanti visto il Sabato precedente. Sicuramente il poter suonare un set più lungo e il poter godere di tutti gli effetti da palcoscenico serali hanno contribuito ad ottenere un grandissimo spettacolo. Ma è soprattutto la performance micidiale di Dave Mustaine e Kiko Loureiro a impressionare. Per quanto il secondo sia sempre una garanzia, Dave questa volta mi ha davvero sorpreso e straconvinto. Molto sicuramente gasato dall’uscita il giorno stesso del nuovo singolo dei Megadeth, il buon Dave si dimostra incredibilmente sorridente, particolarmente entusiasta e molto propenso ad interagire con il pubblico. Onestamente sembra davvero un lontano parente del Dave poco socievole visto la settimana scorsa… molto meglio così. Performance da dieci pieno e set estremamente entusiasmante.
Voto concerti visti in Full Set (FS) e Partial Set (PS):
Dirty Fonzy (PS) 6 / Gaerea (PS) 6 / Blues Pills (FS) 10 / Danko Jones (FS) 9 / Witchery (PS) 8
Dragonforce (FS) 10 / Ihsahn (FS) 9 / Killing Joke (PS) 4 / Kreator (FS) 8 / Alice Cooper (FS) 10
Nine Inch Nails (FS) 9 / Megadeth (FS) 10
Sabato 25 Giugno
La giornata inizia con l’ennesima dimostrazione di gestione impeccabile dell’organizzazione dell’Hellfest. Ricordate il diluvio della sera prima e di conseguenza il grande rischio che tutte le bellissime aree di erba verde si trasformino in distese di aree di fango? Ebbene l’Hellfest ha trovato il mondo di gestire anche questa problematica, perché le intere zone d’erba sono state ricoperte nella notte da quantità impressionanti di paglia che ha quindi assorbito tutta l’acqua e creato un vero e proprio “tappeto” completamente asciutto e privo da qualsiasi traccia di fango. Ancora una volta, chapeau per aver pensato anche a questa eventualità ed averla gestita in maniera impeccabile. Iniziando la giornata con il blues rock di Ayron Jones e la loro esibizione molto valida (che trascrive l’essenza della felicità di un artista che ha l’occasione di suonare all’Hellfest) proseguiamo con una band francese di heavy metal aggiunta letteralmente last minute al bill e capace di cogliere in pieno questa occasione, i Nightmare. Precisi, potenti, carismatici e con un repertorio pieno di pezzi davvero accattivanti, la band si prende tutto l’entusiasmo del pubblico e dimostra a pieno di essersi strameritati la presenza sul Mainstage 2. Dopo un ulteriore prestazione di blues rock di alto livello come quella di Gary Clark Jr, passiamo a quella che, a mio parere, è la band in circolazione nel metal con il pacchetto musicale più strabiliante e sensazionale in assoluto, gli Eluveitie. Il folk death metal della band svizzera trascrive quello che è la perfezione musicale e la combinazione di strumenti più sbalorditiva che si possa avere in un gruppo. Harsh vocals, clean vocals, due chitarre, basso, batteria, flauti, mandolino, cornamusa, ghironda, violino e arpa. Si potrebbe pensare ad una gestione impossibile di così tanti strumenti dal vivo, ebbene non c’è esperienza musicale più fenomenale che assistere ad un live degli Eluveitie. Con testi tratti dalle tradizioni celtiche delle popolazioni che vivevano in quelle che sono attualmente le alpi svizzere ed una combinazione di elementi folk e death metal di una bellezza incomparabile, siamo al cospetto di quello che personalmente reputo la perfezione musicale. Chrigel Glanzmann dispone tra gli harsh vocals più sensazionali dell’intero panorama metal e Fabienne Erni la voce più dolce e strabiliante di tutte le female vocalist dell’ambito rock/metal. Poter ammirare uno strumento musicale come la ghironda di Michalina Malisz e vederla associata a pezzi metal è qualcosa di unico nel suo genere, così come assistere ad assoli di flauto alternati da Chrigel e Matteo Sisti. Aggiungiamo due chitarristi di classe assoluta come Jonas Wolf e Rafael Salzmann alle bellissime parti di violino di Carmen Busch e immaginativi che suono stupendo si possa ottenere bilanciando tutti gli elementi con una gestione che ha dell’incredibile. Non ci sono parole per descrivere le emozioni che si provano ad assistere alle performance degli Eluveitie, dove la padronanza della tecnica e la maestosità dei pezzi raggiungono livelli esorbitanti. Definire il loro set come stupendo sarebbe davvero riduttivo. Continuiamo con un altro set sensazionale, quello del vero gentleman del rock, l’inimitabile Myles Kennedy. Il fantastico cantante/chitarrista degli Alter Bridge e del progetto da solista di Slash dimostra ancora una volta la sua qualità di artista senza uguali, surclassando chiunque per classe ed eleganza, portando con se quasi tutti pezzi dal suo ultimo e bellissimo album da solista intitolato “The Ides of March”. Si potrebbe ascoltare Myles per ore senza stancarsi mai della sua voce unica e del suo stile inconfondibile alla chitarra. Il buon Kennedy ci delizia anche con una rivisitazione da brividi dell’iconico pezzo scritto con Slash “World On Fire”, su cui abbiamo tutti sperato potesse anche apparire sul palco da un momento all’altro proprio Slash, sapendo della sua presenza sul sito. Ma poco importa, la scena è tutta per Myles ed è giusto che sia così, un vero e proprio mito. Le performance straordinarie di questo sabato sembrano non finire mai sui mainstages, ed ecco che tocca a quella che è diventata senza alcun dubbio la band di metal sinfonico più sensazionale in assoluto, gli Epica. Set di una maestosità strabiliante, con la sensazionale Simone Simons a guidare una formazione ormai super collaudata da anni e fresca di uno degli album più belli della storia del metal sinfonico, “Omega”. I riff di chitarra aggressivi si alternano ai bellissimi passaggi in canto lirico della favolosa voce da soprano di Simone, che ci delizia con tutto lo splendore dei pezzi degli Epica. Fuoco e fiamme costanti su un palco ricco di elementi decorativi bellissimi completano una cornice d’eccezione per una band che è diventata il riferimento assoluto del genere. Continuando su livelli altissimi, ritroviamo la seconda band che ha avuto l’onore di esibirsi ben due volte nell’arco di questi sette giorni di Hellfest, ovvero gli Airbourne. Ormai sono diventati la band che incarna alla perfezione lo spirito del rock ‘n’ roll, e senza dilagare ulteriormente nella lista di tutte le cose sensazionali che è capace di fare questa band, mi limiterò a citare la famosa frase con cui il cantante/chitarrista Joel O’ Keffe conclude sempre i loro set, il che simboleggia alla perfezione l’immagine di questa band: “As long as we are alive, and as long as you are all alive, rock ‘n’ roll will never ever die!”. Altra band di metal sinfonico ad esibirsi subito dopo gli Airbourne sono i finlandesi Nightwish. Anche in questo caso, la bellezza di questo genere è espressa in modo favoloso da Floor Jansen & Co, con i loro bellissimi pezzi a generare moltissimo entusiasmo tra l’intero pubblico dell’Hellfest. L’unica osservazione che si può fare è che purtroppo la band ha sicuramente perso un grandissimo elemento di valore con la partenza di Marko Hietala, che insieme a Floor e Tuomas Holopainen, erano le colonne portanti della band. Jukka Koskinen (Wintersun) è quindi il bassista che rimpiazza Marko, e per quanto sia un bassista di assoluto valore, non potrà purtroppo mai rimpiazzare il carisma inconfondibile di Marko. Detto questo, la performance dei Nightwish rimane sempre da 10. Arriviamo a quella che purtroppo è la vera (ed unica) nota dolente delle esibizioni viste all’Hellfest… c’era enorme attesa per la performance dei Guns ‘N’ Roses come headliner di questo Sabato e tutti noi non vedevamo l’ora di vedere Axl, Slash e Duff in azione. Tengo a sottolineare, prima di qualsiasi commento effettivo sulla performance, che sono un grandissimo fan dei Guns, che ero presente in transenna ad Imola nel 2017 per la reunion della band, che sono andato anche a Parigi un mese dopo per rivederli rigorosamente di nuovo in transenna, e che sono andato anche a Firenze nel 2018 per godermeli un ulteriore volta (manco a dirlo) di nuovo in transenna… purtroppo l’esibizione dell’Hellfest è stata tutto fuorché all’altezza delle aspettative. Prima e sicuramente principale colpa (non imputabile alla band) il suono veramente disastroso dell’intero set… Slash non si è assolutamente sentito per due ore e mezza, ed ho pure cambiato varie volte posizione in mezzo alla folla per assicurami che non fosse solo un bilanciamento del suono mal gestito… niente, ovunque Slash era come se non esistesse, si sentiva solo e rigorosamente Richard Fortus che, tengo a precisare, è un chitarrista mostruoso che ha fatto una performance di altissimo livello. Ma vedere Slash, il proprio eroe, muovere le dita con la solita classe unica e non sentirlo è stato un calvario assoluto… come è possibile che una band che dovrebbe avere il miglior ingegnere del suono al mondo non sia stata in grado di correggere il suono in 2 ore e 30 minuti?! Siamo al sesto giorno di concerti e dopo aver visto quasi 100 band è stata l’unica performance con un suono estremamente mal regolato… non me ne capacito proprio. Seconda osservazione (e questo mi fa davvero male ammetterlo), Axl non è più quello visto nel 2017 e nel 2018… fa quello che può, ed è da ammirare in ogni caso, ma ho ancora gli occhi lucidi dalle emozioni di Imola e vederlo così in difficoltà oggi mi fa un male terribile… terza osservazione, tutti i pezzi più energici dei Guns ‘N’ Roses sono sembrati decisamente rallentati a livello di tempo… e sentire un “Welcome To The Jungle” o un “Paradise City” non esplosivi fa ancora più male… non avrei mai pensato di non riuscire a godermi un concerto dei Guns ‘N’ Roses fino ad oggi… ripeto, sicuramente il problema principale era il suono e quindi non colpa della band, ma se mettiamo tutto insieme siamo purtroppo molto lontani dalle performance a cui ho potuto assistere a Imola, Parigi e Firenze… non posso che apprezzare che la band continui comunque a dare il massimo sul palco contro qualsiasi circostanza a sfavore, età o suono mal regolato che sia, sperando veramente che per il resto del tour e soprattutto per la data a Milano del 10 Luglio la performance possa essere diversa… personalmente mi tengo stretti i ricordi del 2017 e 2018 cancellando dalla memoria buona parte di quanto visto questa sera nel loro set, continuando sempre e comunque ad amare ed ascoltare una band che ha scritto la storia del rock e che ci ha dato moltissimo per tantissimi anni.
Voto concerti visti in Full Set (FS) e Partial Set (PS):
Fejd (PS) 6 / Ayron Jones (FS) 7 / Nightmare (FS) 8 / Gary Clark Jr (FS) 8 / Eluveitie (FS) 10
Myles Kennedy (FS) 10 / Epica (FS) 10 / Airbourne (FS) 10 / Nightwish (FS) 10 / Guns ‘N’ Roses (FS) 7
Domenica 26 Giugno
Giungiamo all’ultima giornata di questo Hellfest straordinario carico di moltissime emozioni con incredibilmente ancora tanta energia e solo quel tocco di nostalgia che già echeggia nell’aria al pensiero che tutto questo il giorno dopo sarebbe poi finito. Ma c’è ancora una giornata epica da godersi pienamente e ovviamente non ci siamo fatti mancare niente. Iniziamo con una vera chicca dalla lontana Nuova Zelanda, gli Alien Weaponry. Quale migliore accostamento poteva esserci tra l’heavy metal e i canti di guerra maori neozelandesi? Bene, gli Alien Weaponry portano sul palco proprio questa combinazione che funziona divinamente e che entusiasma tutto il pubblico dell’Hellfest. Riff semplici ma estremamente potenti, veri canti di guerra maori inseriti tra le strofe dei pezzi e atteggiamento dei musicisti da vera e propria danza di guerra (in stile “Haka” alla All Blacks per intenderci) ci regalano quindi un esperienza unica ed estremamente adrenalinica. Dopo due performance decisamente valide degli spagnoli Angelus Apatrida e i francesi Headcharger, ci spostiamo all’Altar Stage per ammirare il nuovo gruppo di un musicista che ha fatto la storia del death metal con i Morbid Angel, il mitico David Vincent con i suoi Vltimas. Ci troviamo di fronte ad una vera leggenda che, insieme ai Morbid Angel, ha scritto quello che probabilmente è il miglior album di death metal della storia, il leggendario “Altars of Madness” del 1989. Questo nuovo progetto promette anch’esso un grandissimo futuro in quanto il blackned death metal degli Vltimas è davvero strabiliante! Aggressivo e articolato al punto giusto con una componente scenografica da pelle d’oca. David si presenta come un tenebroso cowboy allo stesso tempo terrificante e affascinante, capace di essere ipnotico sia grazie alla sua voce profonda che ai suoi sensazionali discorsi al pubblico. Performance da brividi! Con i sempre divertenti Ugly Kid Joe ci spostiamo nuovamente sul Mainstage 1 in attesa di rivedere all’Hellfest i Bullet For My Valentine dopo la loro performance poco convincente del 2018. Ebbene in un singolo set la band gallese si aggiudica ben due premi: miglior comeback in assoluto rispetto alle precedenti esibizioni nel medesimo festival e soprattutto miglior suono in assoluto degli interi 7 giorni! Semplicemente WOW! Avete presente quel suono talmente ben regolato e potente da far tremare allo stesso tempo le interiora e far venire la pelle d’oca in simultanea, ecco, questo riassume decisamente le sensazioni provate sul set dei Bullet For My Valentine. Che performance… sono rimasto a bocca aperta e mi sono entusiasmato in maniera incredibile. I pezzi del nuovo album omonimo suonano divinamente e pure i pezzi del discutibilissimo “Gravity” sembrano pezzi usciti dal loro capolavoro “Scream Am Fire” in questo set… tanto di cappello. Certo, le recenti dichiarazioni del cantante Matt Tuck riguardo il fatto che la sua band abbia le carte in regola per diventare i nuovi Metallica sono un pochino azzardate, ma almeno stanno sicuramente lavorando per quello assumendosi pienamente la responsabilità di quanto dichiarato. Che carattere e che performance stellare! Proseguiamo con una delle mie band preferite in assoluto, gli svedesi Avatar! Geni assoluti del death metal combinato a performance teatrali sempre incredibili, gli Avatar sono unici nel loro genere e si distingueranno sempre e comunque da qualsiasi band in circolazione. Benché i pezzi dell’ultimo album “Hunter Gatherer” siano troppo “normali” per la follia a cui ci hanno abituato gli Avatar, e ammettendo che oggettivamente abbiamo visto il cantante Johannes Eckerström in forme vocali migliori, loro sono sempre dei grandissimi entertainers capaci di portare il death metal a livelli di follia entusiasmanti ad ogni loro concerto. Ed ovviamente, anche la loro performance all’Hellfest non si è dimostrata da meno. Non soffermandomi troppo sulla seguente esibizione dei Bring Me The Horizon, che onestamente fatico a definire “live” in quanto probabilmente 70% di quello che si sente nei loro set sono basi pre-registrate, con un genere che onestamente non comprendo e non amo per niente, passiamo ad un vero artista sensazionale come Zakk Wylde e i suoi Black Label Society. Di chitarristi fenomenali se ne sono visti tanti a questo Hellfest, ma quello più impressionante rimane sempre lui, il buon Zakk. Definirlo mitologico forse è la parola giusta. Al di la del genere dei Black Label Society che forse non tutti riescono ad apprezzare, Zakk mette tutti d’accordo sul fatto che sia un guitar hero indiscusso. Un assolo di quasi 5 minuti suonato con la chitarra al contrario dietro la schiena insieme al fedelissimo Dario Lorina ne è l’assoluta prova, oltre alla maestria sovrumana che ci dimostra su ogni pezzo. Tengo inoltre a precisare come l’unica ballad presente in scaletta dei Black Label sia stata forse una delle ballad più belle sentite in tutto l’Hellfest, altra dimostrazione del talento assoluto di Zakk Wylde. Proseguiamo con una band che amo particolarmente e di cui i membri saranno sempre riconosciuti come degli eroi all’Hellfest dopo i famosi fatti del 2019. I mitici Sabaton ci deliziano quindi con una performance ancora più epica del 2019 con una prestazione magistrale di tutti i membri della band. Il pubblico è in estasi per tutto il loro set e gli effetti speciali sensazionali garantiscono un contorno d’eccezione ad un esibizione tecnica che rasenta la perfezione. Grandi, grandissimi come sempre! Arriviamo all’ultimissima band di questa edizione epica dell’Hellfest, la band metal più importante della storia capace di influenzare intere generazioni di musicisti e che il festival francese ha sempre voluto avere come headliner. Questo sogno si realizza quindi nel suo quindicesimo anniversario, nell’anno di ripresa post-pandemia con un edizione estesa che molto difficilmente potrà essere eguagliata nel futuro. Salgono quindi sul palco per la chiusura di un edizione unica i leggendari Metallica! Che dire, abbiamo avuto la fortuna di assistere ad una performance chirurgica della mitica band di San Francisco! Con una scaletta interessantissima dove non mancano sia i grandi classici come ovviamente Enter Sandman, Sad But True, Nothing Else Matters, One e Master of Puppets che delle graditissime sorprese come Dirty Window, Harvester of Sorrow e Damage Inc. I Metallica ci ricordano a tutti perché hanno fatto la storia del metal, con una classe inimitabile e soprattutto una qualità di esecuzione sopraffina. Grazie per tutto quello che ci avete dato e grazie per aver aiutato intere generazioni di musicisti e band a prendere in mano una chitarra o un microfono e a comporre i loro pezzi, ispirandosi a voi e al vostro talento. Ci sono moltissime band che adoriamo che non sarebbero mai esistite senza i Metallica, e di questo saremo sempre eternamente grati a James Hetfield & Co. Vedere il cuore e l’anima che una band come i Metallica mette ancora su ogni pezzo facendo prova di un esibizione strabiliante dopo ben 40 anni di carriera è letteralmente sensazionale. Onestamente, non potavamo chiedere una chiusura migliore per questo Hellfest leggendario, da molti già definito come il nuovo Woodstock di cui se ne parlerà per moltissimi anni a venire, e di cui abbiamo avuto l’onore di poterne far parte.
Voto concerti visti in Full Set (FS) e Partial Set (PS):
Alien Weaponry (FS) 9 / Angelus Apatrida (PS) 7 / Headcharger (FS) 8 / Vltimas (FS) 10
Ugly Kid Joe (FS) 8 / Bullet For My Valentine (FS) 10 / Avatar (FS) 9 / Bring Me The Horizon (FS) 3
Black Label Society (FS) 10 / Sabaton (FS) 10 / Metallica (FS) 10
Si conclude quindi la quindicesima edizione dell’Hellfest con un fuoco d’artificio spettacolare sulle note degli Iron Maiden, i Black Sabbath e gli AC/DC. Non ci sono parole per descrivere quanto siamo grati di aver potuto assistere ad un tale evento. L’organizzazione dell’Hellfest si è dimostrata ancora una volta sublime sotto ogni punto di vista. Dall’efficienza del personale fino alla manutenzione di un sito meraviglioso, dalla gestione impeccabile dei bar e i ristoranti fino alla precisone maniacale della gestione degli stage times, dalla tempestività nel gestire le condizioni di temperature estreme del primo weekend fino agli interventi estremamente tempestivi nel limitare l’impatto della pioggia sul sito il secondo weekend. E la lista sarebbe ancora molto lunga… invito chiunque a provare l’esperienza di questo festival che a mio avviso è e sarà sempre il riferimento nella gestione di un festival di musica, senza alcun ombra di dubbio. Non vediamo l’ora di tornare l’anno prossimo e rivivere questa esperienza assolutamente unica, nel segno della condivisione con gente proveniente da tutto il mondo di quella che è molto di più che una semplice passione, per tutti noi.
Si ringrazia Hellfest Open Air Festival
Fotografie di Daniele Fanizza e Marco Fanizza
Eluveitie
Epica
Dragonforce
Myles Kennedy
Vltimas
Airbourne
Blues Pills
Danko Jones
Alien Weaponry
Ayron Jones
Ugly Kid Joe
Nightmare
Gary Clark Jr
Ihsahn
Kreator
Nightwish
Comments are closed.