(grazie ad Alex Ruffini per la splendida foto di ‘copertina’ – un grande fotografo, un grande amico)

Fare un giro intorno all’Arena di Verona è sempre un’esperienza edificante, soprattutto per la varietà  dei tipi umani che si possono incontrare. Stavolta, però, lo scenario è un po’ diverso dal solito. Niente virili gladiatori da foto-ricordo né cougar dai menti botulinici e nemmeno turisti rincoglioniti dalla bellezza del paesaggio urbano. Ci sono solo le enormi sfingi dorate dell’Aida di Zeffirelli a scrutare perplesse la piazza, mentre, già  dal pomeriggio, un’insolita armata rock’n’roll si raduna ai piedi del vetusto monumento.

A quanto pare è un’occasione speciale: unica data italiana di quest’anno per la premiata ditta KISS, che con questo concerto festeggia i 40 di onorata attività . Come sempre, lo spettacolo comincia ancora prima di entrare: centinaia di fan birreggiano allegramente in attesa dell’apertura dei cancelli, la maggior parte col cerone bianco e nero d’ordinanza sulla faccia e qualcuno perfino dotato di mantello scintillante e axe-bass in pura plastica vergine. All’undicesimo già  mi commuovo, quando vedo un papà -demon con pargolo-starchild decenne che si fanno immortalare dai passanti con tanto di lingua penzoloni.

Traballando guadagno il mio posto sugli alti gradoni di pietra (lo ammetto, scarpe nere di vernice col plateau e il tacco alto: dovevo fare anch’io la mia parte), faccio amicizia coi vicini di concerto e tutti insieme eludiamo la rigida sorveglianza dell’arena per intrufolarci un po’ piùgiù, dove si vede meglio. Nel frattempo si è quasi concluso l’imponente opening act dei Dead Daisies, collettivo musicale dal pedigree importante, che per questo tour schiera il bassista Marco Mendoza (Thin Lizzy, Whitesnake), le due chitarre David Lowy (Mink, Red Phoenix) e Richard Fortus (Guns N’Roses, The Psychedelic Furs) il tastierista Dizzy Reed (Guns N’ Roses) il batterista Tommy Clufetos (Black Sabbath, Ozzy Osbourne) e la voce di John Corabi (Mötley Crüe, Ratt). Soltanto.

E poi, all’imbrunire, i canonici Led Zeppelin portano la lieta novella all’Arena ormai strapiena. Da sotto il telone nero su cui campeggia il logo inconfondibile con le “s” a forma di fulmine striscia verso il pubblico un fumo incendiario e all’improvviso appare il magico quartetto: Simmons, Stanley, Singer e Thayer, alias i KISS in pompa magna, demoniaci e irresistibilmente glam, con tacchi che fanno impallidire quelli miei e capelli dalla cotonatura impeccabile. Con la solita spavalderia promettono una serata indimenticabile e investono subito il pubblico con la cascata di ‘Detroit Rock City’. Seguono immediatamente ‘Deuce’ e ‘Psycho Circus’ e intanto sul palco è tutto un esplodere di fuochi d’artificio e fiammate che nemmeno nel girone piùcaldo dell’inferno.

Si passa poi a ‘Creatures of the Night’ e Simmons offre generosamente la bella lingua al maxischermo, leccando il basso assassino. Spettacolo. Intanto Stanley, come da copione, promette una serata indimenticabile a quelli che ricevono per la prima volta il battesimo dei KISS e parte subito I Love it Loud, seguita da una potente ‘War Machine’ a conclusione della quale arriva il numero del mangiafuoco. Il pubblico assapora la ritualità  di tutta la faccenda, manifestando con boati ripetuti la gioia di far parte della stessa tribù. Dopo aver precisato: “We’re just getting started”, Stanley stuzzica il pubblico recitando lentamente la prima strofa di ‘Do you Love Me?’, mentre nel buio la batteria di Singer si illumina a intermittenza come il quadro di controllo di un’astronave un po’ retrò. Dopo ‘Hell or Hallelujah’ è il momento di Thayer che con disinvoltura regala al pubblico un assolo tanto esplosivo che la sua chitarra comincia a lanciare razzi dal manico. Durante ‘Callin’ Dr. Love’ si consuma una romantica storia d’amore tra una ragazza del pubblico e lo Starchild. Alla fine il Nostro non resiste e le soffia nel microfono un languido “belisima”, mentre la lingua di Simmons si anima, incoraggiandolo con grande voluttà . Un po’ di oscenità  era proprio quello in cui tutti speravamo.

Lick it up lascia poi spazio a un lugubre e immersivo assolo di basso: finalmente Simmons vomita sangue e poi, ad ali spiegate, spicca il volo nel cielo veronese. Dopo l’alcolica Cold Gin è il momento di ‘Love Gun’, un tripudio di luci viola lampeggianti al ritmo dei celeberrimi riff mitragliati. Resta solo il tempo di un paio di Uh-uh che subito, sul finale di ‘Black Diamond’, tocca anche a Singer decollare con tutta la batteria.

Un tentativo di congedo davvero poco credibile è seguito dopo qualche secondo dal boato della folla: ancora qualche esplosione, il palco si illumina di rosso e tutti in coro: “shout it, shout it out loud”. Subito dopo il gran finale: ‘I was made for Lovin’ You’ proietta l’Arena nel mondo rutilante degli incipienti anni ottanta. Ballare è obbligatorio. Infine, è il momento di ‘Rock and Roll all Nite’: l’inno sacro da cantare a squarciagola chiude lo spettacolo con un getto di coriandoli che sommerge il palco.

I KISS ci salutano con affetto: “We love you, Verona!”. E se anche qualche sbavatura ci fosse stata, lo spettacolo era troppo grande e troppo bello per volerne fare una colpa ai quattro, che da quarant’anni trascinano il peso delle loro ingombranti e anacronistiche corazze, condottieri dell’armata piùhot della storia mondiale.

Pare che nel I secolo D.C. Plinio il Giovane abbia scritto una lettera all’amico Massimo, lodandolo per aver offerto ai veronesi uno spettacolo di gladiatori. L’unico rammarico era che, per colpa del maltempo, le pantere che tutti aspettavano non erano riuscite ad arrivare in Arena.

Beh, stavolta c’erano.

Setlist:
1. Detroit Rock City
2. Deuce
3. Psycho Circus
4. Creatures of the Night
5. I Love It Loud
6. War Machine
7. Do You Love Me
8. Hell or Hallelujah
9. Calling Dr. Love
10. Lick It Up (with “Won’t Get Fooled Again”)
11. God of Thunder
12. Cold Gin
13. Love Gun
14. Black Diamond
Encore:
15. Shout It Out Loud
16. I Was Made for Lovin’ You
17. Rock and Roll All Nite

 

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    C’ero anch’io. Epico live e bellissimo Live report. \m/

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