The Struts: Pretty Vicious (2023 Big Machine/John Varvatos Records)

A distanza di due anni dal precedente “Strange Ways”, i gallesi “The Struts” tornano sul mercato discografico con l’attesissimo “Pretty Vicious”.
Le differenze con il precedente lavoro sono evidenti fin dal primo ascolto.
Non ci sono featuring prestigiosi quali ad esempio Robbie Williams o Joe Elliot e Phil Collen, ma ci sono solo i quattro componenti della band a suonarlo.
Inoltre è un lavoro che segna un certo ritorno alle origini della band e un lavoro molto d’insieme, dove ogni componente della band è al servizio uno dell’altro per un risultato finale che supera certamente la prova.
Parto col dire che questo lavoro non è smaccatamente commerciale e che i vari pezzi ti entrano in circolo ,col tempo e soprattutto con la giusta eccezione.
Ogni volta che lo si ascolterà, si potranno quindi trovare nuove sfumature per ogni pezzo.
Manca indubbiamente il pezzo che ti stende al primo ascolto tipo “Primadonna like me” o “Put your money on me”, ma già i primi due singoli estratti vale a dire “Too good at raising hell”-assai programmato nelle varie radio rock oriented- o la titletrack “Pretty Vicious”,certamente si fanno notare ed apprezzare.
Quando sei in compagnia dei “The Struts”, sia che li ascolti in radio,su disco o soprattutto stai assistendo ad un loro concerto(nda  ne ho già visti quattro e direi uno piu’bello dell’altro),la parola d’ordine è per me “Stile e divertimento”.
Una band che per il look e le sonorità è ancorata sicuramente agli anni Settanta con Queen, David Bowie e Free come influenze evidenti, ma che certamente ha saputo attingere anche a sonorità tipiche degli anni 90 con The Killers e altre band stilose che li hanno certamente indirizzati.
Luke Spiller ha dichiarato a proposito  di questo “Pretty Vicious” che è “il disco che tutti stavano aspettando” e che “mette in evidenza i punti di forza di ogni componente”.
Un disco molto maturo, senza perdere un attimo di vista il loro DNA di animali da palcoscenico.
La band puo’ suonare sia in piccoli clubs , medi o in stadi e festivals con numerosissimi spettatori ed ogni volta ,la stragrande maggioranza dei presenti apprezza la loro immensa forza dal vivo,come testimoniato dalle recenti date estive a Segrate ed Empoli.
L’opener “Too good at raising hell” è davvero molto riuscita e sicuramente (come già successo nei concerti che ho appena menzionato) diventerà uno dei momenti salienti dei loro coinvolgenti concerti dal vivo.
Voglia di fare casino, voglia di buona e gradevole compagnia, voglia di fare festa senza che ci sia un domani.
Un brano dove T-Rex , Ac/Dc e The Rolling Stones vengono tributati indirettamente(o meno) .
“Pretty Vicious” è invece molto diversa.Un inizio lento e cantato basso di Luke e man mano il ritmo cresce fino ad esplodere in un ritornello assai accattivante.Non potrai farne a meno .
Altra caratteristica evidente della band è l’abilità di scrivere ballads di assoluto valore.
Se in alcuni precedenti lavori, tali ballads in alcuni momenti parevano quasi uscire dalla penna di Freddie Mercury(nda ricordiamo che Luke Spiller fu considerato ampiamente da Brian May e Roger Taylor per una sua entrata nei Queen attuali), ora sia “Bad Decisions”, sia “Hands on me” hanno decisamente nessuna influenza particolare , se non quella di essere “100% tipicamente The Struts”.
Tra i pezzi maggiormente riusciti ,cito sicuramente “Do what you want”,davvero carica e settantiana  e soprattutto “Rockstar”. Quest’ ultima non è certamente rock al fulmicotone ,ma è davvero vincente nel ritornello e talmente dandy che solo loro potrebbero interpretarla  senza scadere nel ridicolo.
Amori sofferti, vicissitudini personali, tradimenti e voglia di rialzarsi sempre e divertirsi.
Questi sono i temi presenti in “Pretty Vicious”,dove Spiller è un ottimo narratore,interpretando le canzoni in maniera sublime in ogni frangente e con tonalità diverse.
Il lavoro della sezione ritmica formata dal bassista neosposo Jed Elliott e da quel matto (in senso buono) di Gethin Davies alla batteria, danno il giusto groove.
Le chitarre di Adam Slack, sanno regalarci sempre ottimi riffs e non viene cercato l’assolo “tamarro”ad ogni costo.
Il disco è chiuso con un palese omaggio a quel grande songwriter chiamato  Elton John e  “Somebody someday”davvero ti proietta ad un sospirato annuncio di nuove date italiane nel 2024.

Recensione:

Brebbia Mauro

Band:

Luke Spiller(voce e piano)
Adam Slack(chitarre)
Jed Elliott (basso)
Gethin Davies (batteria)

Tracklist:

01. Too Good At Raising Hell
02. Pretty Vicious
03. I Won’t Run
04. Hands On Me
05. Do What You Want
06. Rockstar
07. Remember The Name
08. Bad Decisions
09. Better Love
10. Gimmie Some Blood
11. Somebody Someday

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