Frontiers Records – Giugno 2012

Se negli ultimi anni non avete dormito con la testa sotto la sabbia, sicuramente avrete sentito in qualche modo parlare di Jørn Lande, prodigioso cantante norvegese dotato di un estensione vocale potente e allo stesso tempo assai melodica, un singer “tutto d’un pezzo” insomma, un personaggio di spessore elevato, un artista alquanto ambito, anzi ambitissimo un po’ da tutti nel giro che conta. Molteplici complessi avrebbero fatto di tutto pur di averlo in formazione, band che si rifanno ad uno stile musicale tipicamente hard rock velato di classe sopraffina, molto in voga a partire da metà  anni settanta, un genere che sporadicamente fa ancora parlare di se la cronaca, a volte per annunciare decessi illustri o per acclamare reunion insperate”… ma tant’è!

Un genere musicale che le nuove generazioni, purtroppo per loro, pare abbiano dimenticato o meglio dire completamente ignorato, ma che personalmente ritengo come il fondamento indissolubile su cui poggiò e si evolse il sound del metallo pesante. Svariate sono state le collaborazioni negli ultimi periodi di Jorn, impegnato in progetti altisonanti, tra i quali mi pare giusto ricordare su tutti Avantasia e Ayreon nei quali il biondo lungi-crinito non si è mai risparmiato, anzi, risultando alla fine un po’ come la ciliegina sulla torta atta a valorizzare le opere rock in cui partecipò! Per chi non lo sapesse, Jorn è in grado di emulare con naturalezza vocalizzi propri di santi numi come David Coverdale (Whitesnake) e Ronnie James Dio (sentitevi il tributo di due anni fa dedicato nella sua interezza allo scomparso singer americano e capirete di cosa sto parlando) del quale avrebbe, a parer mio, meritato di raccoglierne totalmente la pesante eredità  anche negli Heaven And Hell nel dopo Ronnie, senza per forza di cose andare a scomodare fantasmi sabbatici che condurranno al nulla di fatto per svariati motivi piùo meno attendibili. Questo è solo il mio pensiero! Punto e basta!

Ora Jorn ritorna con un nuovo album solista dopo aver ripreso il timone dei Masterplan, di cui tutti (spero) ricorderemo lo sfavillante debutto di alcuni anni fa con il singolo trainante “Enlighten Me”, canzone che un po’ tutti ci siamo trovati a canticchiare per strada o a fischiettare sotto la doccia. In “Bring Heavy Rock To The Land” Jorn fa una scelta credo definitiva, indirizzando il suo sound verso un deciso heavy-hard rock di classica matrice espressiva ottantina, rivisitandone con arguzia e savoir-faire ogni sfaccettatura e abbandonando o semplicemente accantonando ”“ vedremo ”“ certi suoi episodi piùmelodici e tendenti ad un AOR di piùfacile presa presente in alcuni suoi album precedenti! A parer mio questo nuovo lavoro non aggiunge assolutamente nulla di nuovo a quanto già  espresso in maniera esemplare nel corso degli ultimi album della discografia del bravo cantante, gli ingredienti che hanno reso celebre il suo sound sono tutti presenti, ma questo disco, oltre al fatto di essere stato concepito molto bene, è potente e alquanto dinamico ed alcuni episodi contenuti in esso sono da incorniciare! Tanta grinta e un manierismo esemplare che riecheggia Black Sabbath, Rainbow e il Dio solista in ogni suo episodio, i suoni sono sempre gli stessi del primo album, gli arrangiamenti pure”…ma va bene così! Bisogna però dire che dopo il bellissimo intro “My Road” che si lega splendidamente all’auto-celebrativa title-track, si fa davvero fatica ad entrare in sintonia con questo nuovo lavoro a causa dell’alto minutaggio sia di “Bring” (6:58) che della seguente “A Thousand Cuts” (8:19), entrambe potrebbero tranquillamente essere state composte ed incluse sia in “The Last In Line” o in “Dream Evil” scegliete voi il vostro preferito tanta la similitudine espressività  vocale di Jorn con quella di Ronnie James Dio, ma purtroppo entrambe perdono ben presto di smalto e si prolungano piùdel dovuto, risultando a pare mio un po’ ‘faticose’. La prima con un ritornello ripetuto davvero troppe volte, una specie di monito rivolto come all’ascoltatore che deve stamparsi forzatamente in testa la missione in carico al singer, ovvero quella di portare il rock ovunque attorno al mondo! La seconda, invece, è un brano duro ed epicheggiante che non porta davvero a niente ed è solo grazie all’ottimo assolo di chitarra del fedele Tore Moren ne riscatta in parte la struttura e la mantiene a galla. Dopo queste due lunghe ed estenuanti canzoni, che personalmente avrei posizionato in maniera differente nel corso dell’album inizia il disco vero e proprio, e da qui in poi il tutto scorre via piacevolmente, a volte ci sta pure che si alzi il volume come nel caso di “Chains Around You” brano scoppiettante e veloce, così come per “Ride To The Guns” dotata di un ritornello di facile presa ed un ritmo incalzante che sicuramente vi travolgerà . Momento d’estasi (perdonatemi la reminiscenza dai tempi di Flash!): “The World I See” una struggente ballad che si divincola tra “Children Of The Sea” e “Temple Of The Kings” non chiedetemi di chi”….ok? Questo brano vale da solo l’acquisto del disco, una canzone che il buon Axel Rudi Pell avrebbe certamente fatto carte false per averla potuta scrivere! Mi lascia un po’ basito la scelta di voler rivisitare forzatamente la title-track dell’ultimo Masterplan “Time To be King”, già  di per se buona e riproposta praticamente identica all’originale, forse un brano nuovo di zecca sarebbe stata una scelta un tantino piùoculata, mentre un plauso nel rendere un brano pop dei primi anni ottanta come “Ride Like The Wind” di Cristopher Cross (tra l’altro già  ripresa nel 1988 dai Saxon sul loro “Destiny”) grintoso e dinamico. Mentre “Black Morning” elude tutti i discorsi fatti sinora, dato che pare essere un brano dei Whitesnake estratto dal sin troppo acclamato “Slip of The Tongue” del 1990, buon episodio, ma che c’entra davvero poco con il pesante heavy rock che abbiamo ascoltato ed analizzato sinora. Jorn chiude ancora in maniere auto-citazionista con “I Came To Rock” gettando la maschera di David Coverdale per riprendere i panni nonché l’attitudine del piccolo elfo maestro del rock, chiudendo in maniera egregia questo lavoro.

Jorn torna ergendosi portatore (il titolo già  di per se la dice lunga) nonché cantore di un certo tipo di intendere il rock duro e lo fa con tutti i crismi necessari, due sguardi al passato uno al futuro”…sarà  in grado di raccogliere la pesante eredità  dei miti del passato? Io lo spero dato che ho sempre ammirato questo artista e voi altri invece, se avete amato i suoi album precedenti adorerete alla follia questo nuovo lavoro, un disco bello carico e che non lascia assolutamente nulla al caso”…

www.jornlande.com

 

Traklist:
1. My Road
2. Bring Heavy Rock to the Land
3. A Thousand Cuts
4. Ride Like the Wind
5. Chains Around You
6. The World I See
7. Time to Be King (Masterplan cover)
8. Ride to the Guns
9. Black Morning
10. I Came to Rock
11. Live and Let Fly

Band:
Jørn Lande – voce
Tore Moren – chitarra
Willy Bendiksen – batteria
Nic Angileri – basso
Tor Erik Myhre – chitarra

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