Ascolto ogni tipo di musica o genere musicale (vabbè tranne alcuni) da almeno quarantacinque anni e recensisco uscite musicali da vent’anni. Sì, sono un fiero “boomer”, come chiamano ora i cinquantenni e giuro recensire il nuovo attesissimo disco dei Måneskin, “Rush!” non è certo un compito agevole, se si vuole ascoltare con preconcetti, tutte le dicerie che ogni giorno vengono sparate su di loro. Un gioco al massacro, fatto d’invidia spesso e a volte di comprensibile stanchezza, ogni qualvolta che qualche media (compreso il nostro) parla di loro.

Documentandomi ed analizzando tutti i vari commenti di haters, ho notato che la stragrande maggioranza dei commenti negativi arriva dall’Italia. Non ultimi anche quelli del noto violinista Uto Ughi – che secondo me e con tutto il rispetto dovuto, ha voluto attirare l’attenzione con frasi roboanti e piene di astio – e della solita noiosissima Selvaggia Lucarelli, che deve sempre sparlare male di qualcuno o qualcuna ed ormai va presa per il personaggio che è. Possono piacere o meno le trovate quali il loro matrimonio od altro, ma questo fa parte della promozione di un lavoro. Ho trovato anche a dir poco ridicole le critiche per aver spaccato una chitarra sul palco. Piaccia o meno, sia d’accordo o meno, è una pratica che fanno molti artisti e forse era anche una chitarra da buttare via. Non possiamo saperlo, né giudicare.

Ma lasciamo spazio alla musica e lasciamo spazio a “Rush!”. Dalle loro meritatissime vittorie a Sanremo e all’Eurovision, la band ha letteralmente preso il volo ovunque, sfondando persino nel difficile mercato statunitense. Ha aperto concerti per The Rolling Stones, Guns N’ Roses e Metallica, ad esempio. La cosa che dovrebbe far riflettere tutte le persone che “parlano tanto per”, è che questi grandi e leggendari artisti li hanno voluti direttamente come ospiti nel loro concerto.
Ha collaborato con artisti leggendari quali Iggy Pop e Tom Morello (ospite nel loro singolo “Gossip“) e ha saputo anche ottenere il pieno rispetto di autorità pop quali Madonna e Miley Cirus.
Questa è la premessa.

Cosa c’è da aspettarsi da “Rush!”? Non c’è da aspettarsi che sia leggendario quale “The Dark Side of the Moon”, “Queen at the Opera”, “Appetite for Destruction” o simili. C’è da aspettarsi che sia un bel disco rock con influenze chiaramente poppeggianti in alcuni frangenti ed onestamente il disco riesce ad esserlo. Forse in alcuni tratti un poco ripetitivo, ma la band sa suonare. Eccome, se sa suonare!

Diversi brani come “Mamma Mia”, “Supermodel” e “The Loneliest”, posti alla fine ormai sono conosciuti ormai da diverso tempo e tutti e tre sono pezzi molto diversi. Il primo molto ritmato e con un ritornello che ti si attacca addosso, il secondo meno immediato e decisamente poppeggiante con un testo che descrive alla perfezione, il mondo paradiso/inferno di diverse modelle e “The Loneliest“, pezzo lento e struggente, accompagnato da un video girato a Villa Tittoni a Seregno, molto d’effetto.

Tornando a “Rush!”, il disco si apre con “Own my Mind” e subito si sente che hanno ingaggiato un superproduttore con gli attributi quale è Max Martin, che insieme a Fabrizio Ferraguzzo, sanno valorizzare la band.

Un pezzo molto ritmato ma che non è nulla rispetto a “Gossip“, che ti fa ballare dal primo all’ultimo istante e che strizza – secondo me – l’occhio ad Arctic Monkeys, Franz Ferdinand e Kaiser Chiefs. Ovviamente l’assolo di Tom Morello è caratteristico e funzionale al brano e ricordo che tale assolo è stato pensato dal chitarrista Thomas Raggi, che certamente sa il fatto suo. La band sa suonare eccome e la sezione ritmica formata dal batterista Ethan Torchio e dalla bassista fondatrice del gruppo, Victoria De Angelis è davvero molto compatta. Il fuoriclasse del gruppo – rimane a mio avviso – il cantante Damiano David. Ottima voce, presenza sul palco e per forza non bisogna essere d’accordo col suo libero pensiero o criticarlo tutte le volte, spesso per la sua relazione amorosa con l’influencer Giorgia Soleri. Sicuramente la band è molto diversa dagli esordi ed è sicura dei suoi mezzi.

Ci sono pezzi come “Bla Bla Bla“, talmente semplici ed “ignoranti”, che ti si attaccano addosso. Pezzi che potrebbero ricordare anche qualche momento dei Devo o dei The Buggles. La band è come una Supernova in un mondo musicale dominato dalla trap o da artisti reggaeton o dalle sonorità latine.
Non sto sempre a dire “sono italiani, sono giovani e stanno facendo il loro”. Mi limito ad analizzare la loro musica e in questo caso “Rush!”. Il difetto di questo album, è secondo me, che ci sono davvero pochi pezzi cantati in italiano e forse in futuro vedremo anche una versione con tutti i pezzi in italiano (nda speranza mia e stop).

In compenso abbiamo anche pezzi tipo “Baby Said“, che cambiano tempo da un momento all’altro, con cori all’altezza delle aspettative e riff di chitarra semplici e allo stesso tempo ruffiani, che non te li levi dalla testa proprio. Purtroppo in questo disco non ci sono pezzi molto grezzi e cattivi al punto giusto, quali “Zitti e Buoni” e “In nome del padre“, ma ogni pezzo ha sempre qualche messaggio da proporti e qualche spunto interessante.

Ho apprezzato moltissimo le sonorità punk di “Kool Kids“, chiaro omaggio ai Sex Pistols, in cui Damiano sembra proprio John Lydon per intonazione. Manca solo uno smaccato accento inglese e potresti cascarci con tutti e due i piedi.

 “I’m a scum, real scum, but I’m good at this/We’re not Punk, we’re not Pop, we’re just music freaks“.

E’ questa la loro risposta ironica a tutte le critiche che attirano giornalmente ovunque.

Non posso sapere se discutono tra loro come ogni band al mondo, ma finche’ sanno regalarci ballads davvero struggenti quali “If Not for You“, I don’t care.

I pezzi in italiano cominciano dalla traccia 12 , “Mark Chapman“, pezzo molto ritmato e quasi con tempi ska, che descrive la prospettiva di visione di un pazzo assassino, che ha privato il mondo di una delle stelle più luminose di sempre nel mondo musicale, Mr. John Lennon. Pezzo che mi ha ricordato anche qualche sonorità dei Placebo più sfrontati in taluni frangenti.

La Fine” è invece un pezzo autobiografico che descrive alla perfezione la loro avventura – come se fossero su un ottovolante – musicale dell’ultimo anno. Valigie sempre pronte, aeroporti, palchi, hotels e jet lag. Critiche feroci da parte di tanti e certamente ne sono consapevoli, visto che dicono che “ogni rosa più bella ha le spine”.

Il Dono della Vita” è invece un pezzo molto lento e radiofonico allo stesso tempo, dove c’è pure un bell’assolo di Thomas Raggi. Rallentamenti di tempo ad un certo momento e poi la voce di Damiano riesce a graffiare assai bene.

In sostanza non aspettatevi la scoperta dell’acqua calda da parte della band, ma non aspettatevi manco che sia un brutto disco (come speravano molti o sperava diversa stampa invidiosa, pronta a fare le pulci a chiunque). E’ un bel disco certamente. Meglio o peggio di Teatro d’ira (vol. 1)? Non posso fare paragoni, visto che è abbastanza diverso. Forse preferivo il primo e questo è un disco chiaramente pensato per il mercato internazionale, che fondamentale non delude troppo le aspettative che c’erano per questi ragazzi.

Non un capolavoro, ma un disco suonato e prodotto davvero molto bene. Molto ironico nei testi e sostanzialmente se ne fottono di tutte le palate di merda, che gli arrivano addosso.

Se ascoltato senza preconcetto alcuno (nda io ascolto tutto senza problemi e mi faccio una mia opinione su artisti di ogni genere, visto che in qualsiasi genere, puoi trovare chi davvero vale), si rivela anche essere un bel disco di rock commerciale con venature punk/indie.

Ed ora, la fatica è finita…(lol). Il disco è già al numero 1 in Italia e in tanti paesi e sta vendendo benissimo sia in Inghilterra sia negli Stati Uniti.

Mauro Brebbia

Tracklist
1. Own my Mind
2. Gossip feat. Tom Morello
3. Timezone
4. Bla Bla Bla
5. Baby Said
6. Gasoline
7. Feel
8. Don’t Wanna Sleep
9. Kool Kids
10. If Not for You
11. Read Your Diary
12. Mark Chapman
13. La Fine
14. Il Dono della Vita
15. Mammamia
16. Supermodel
17. The Loneliest

Band
Damiano David (voce)
Victoria De Angelis(basso e cori)
Thomas Raggi (chitarra)
Ethan Torchio (batteria)

Mauro Brebbia
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