La storica band, capitanata da Francis Black, torna sul mercato discografico con il nuovo “Beneath the Eyrie“, uscito a tre anni di distanza da “Head Carrier“. Forti di un nuovo contratto con BMG e con ormai la bassista Paz Lechantin (A Perfect Circle) in pianta stabile da vari anni, al posto della storica fuggiasca Kim Deal, la band prova a stare al passo col tempo, non sedendosi sugli allori della loro gloriosa storia.

Non c’è il due senza il tre, si direbbe da queste parti e finalmente la band riesce a colmare l’assenza  della storica bassista fondatrice (dopo due album non esattamente riusciti e accolti con relativa freddezza da fans  e stampa musicale), con un album  che si lascia gradevolmente ascoltare, pur non essendo un capolavoro al livello di “Surfer Rosa” e “Doolittle”. Come sempre, il filo conduttore dei Pixies è la varia e personalissima ricerca di un percorso sonoro che trae spunto da vari generi: a volte grunge, a volte dark, in alcuni frangenti  alternative pop e anche con qualche sonorità  “spaghetti western”, tanto cara al nostro leggendario regista Sergio Leone.

S’inizia subito a mettere le cose in chiaro con “In the Arms of Mrs. Mark of Cain“,  un pezzo allo stesso tempo molto carico e allo stesso tempo molto oscuro. La produzione di Tom Dalgety realizzata ai Dreamland Recording Studios, ex-chiesa isolata e d’impatto è stata davvero precisa e ha saputo tirare fuori il meglio da una band finalmente di nuovo compatta ed unita. Tale luogo di registrazione  ha pure che abbia influenzato la lavorazione sotto vari aspetti: il titolo del lavoro è nato  dal ritrovamento di un grosso nido d’aquila davanti la chiesa, la sinistra copertina gothic e alcuni oscuri spunti compositivi.

Il singolo iniziale “Graveyard hill” , è davvero vincente. Un’assassina linea di basso, chitarre distorte e vari riferimenti ai The Cars e ai The Clash, miscelati in un cocktail assolutamente perfetto. Paz Lechantin non è piùun membro che deve cercare di tappare una falla incolmabile lasciata dalla defezione della Deal, ma partecipa anche a livello compositivo, firmando varie composizioni. Tale consapevolezza, fa in modo tale che venga fuori tutto il suo valore.

Ci sono pezzi quali “Catfish Kate“, che ti avvolgono come la piùcalda delle coperte e ti danno davvero una tranquillità  interiore, mentre vieni man mano conquistato dall’incedere del brano e ci sono altri pezzi quali “Los suerfos mortos”, che ti portano direttamente in un deserto e all’ora di Mezzogiorno per un immaginario duello con le pistole con edifici ormai disabitati. Si paga decisamente poi pegno a Mr Tom Waits con “This is my fate“, con la voce di Francis davvero sugli scudi e con toni bassi che ti scuotono ogni parte del corpo e con vari piccole intro sparse che danno veramente la carica giusta anche in questo freddo giorno d’autunno.

Altro pezzo che vorrei segnalare è l’oscura ballad “Daniel Boone“, che vedo molto adatta ad essere candidata a qualche soundtrack di qualche serie tv che va per la maggiore. Chiude questo riuscito lavoro “Death Horizon“, un pezzo al passo dei tempi e sicuramente va in territori alt pop e in alcuni tratti mi ha ricordato anche varie cose dei Nirvana.

Proprio Kurt Cobain diceva queste cose a proposito dei Pixies:

“Stavo cercando di scrivere per i Nirvana la canzone pop definitiva. In realtà  devo ammettere che stavo derubando i Pixies. Quando li ho sentiti per la prima volta mi sono immedesimato subito. Ho pensato che avrei voluto suonare con loro, o almeno essere in una cover band dei Pixies. Abbiamo usato il loro stesso tipo di dinamica sonora: prima morbidi e tranquilli, poi rumorosi e duri”.

Quella canzone sarebbe poi diventata “Smells like teen spirit”, la hit planetaria della band che li consacrò ovunque e che comunque scatenò dentro Kurt un tale senso di impotenza verso il successo inaspettato che non seppe adeguatamente gestire e che gli fece decidere di suicidarsi in un tragico giorno del 1994.

I Pixies inizieranno il loro tour mondiale tra qualche giorno negli Stati Uniti. Seguiranno date in Giappone, Australia e in Estate saranno di nuovo  in Europa con qualche data già  fissata (non c’è ancora quella italiana, ma non mi stupirei di vederli presenti in qualche grosso festival o come evento unico). Qui la gallery del concerto di Bologna dell’11 Ottobre.

Recensione di Mauro Brebbia

Tracklist

“In the Arms of Mrs. Mark of Cain” ”“ 4:13
“On Graveyard Hill”  ”“ 3:25
“Catfish Kate” ”“ 3:08
“This Is My Fate” ”“ 3:20
“Ready for Love” ”“ 2:33
“Silver Bullet” ”“ 3:44
“Long Rider” ”“ 3:32
“Los Surfers Muertos” ”“ 2:54
“St. Nazaire” ”“ 2:27
“Bird of Prey” ”“ 2:37
“Daniel Boone” ”“ 4:52
“Death Horizon” ”“ 2:07

Band

Black Francis (voce e chitarra);
Joey Santiago (chitarra);
David Lovering (batteria);
Paz Lechantin (basso).

 

Mauro Brebbia
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