2024 – Partisan Records

Non fidatevi di ciò che Joe Talbot, da settimane, sta raccontando alle testate di settore, TANGK non è un’onomatopea per descrivere il sound prodotto dalle chitarre in queste undici, nuove tracce. Più verosimilmente, si tratta del rumore che faranno le vostre ginocchia quando, in preda al sussulto di stupore post ascolto, verranno spostate di qualche passo.

Se Ultra Mono (2020) ha realizzato la definitiva mappatura degli spigoli con i quali è nata la band di Bristol, Crawler (2021), invece, ha provato a mettere insieme l’audacia necessaria ad immaginare un “dopo” che, solo oggi, si manifesta in tutto il suo inatteso fascino. I cazzotti allo stomaco restano, ma vengono inferti col professionale raziocinio di un bodyguard che sa come far male senza lasciare segni visibili.

Per usare le immortali parole di Mario Brega, questo album “po’ esse fero e po’ esse piuma” ma è anche (e soprattutto) il prodotto di un clash di inclusività emotiva abilmente sponsorizzato da un team produttivo davvero inconsueto. Kenny Beats (Rico Nasty, JPEGMAFIA, Gucci Mane), al suo secondo giro di campo dopo l’efficace lavoro svolto su Crawler, incontra la classe eccentrica di Nigel Godrich (Radiohead, Beck, Air) ed il risultato finale, coadiuvato dalla supervisione interna di Mark Bowen, testimonia di un perfetto equilibrio tra le la parti, finemente cesellato intorno a ritmiche estrose (ma mai fuori controllo) e liquide aperture che lasciano una pennellata di inedito lirismo.

Talbot dosa la sua proverbiale furia sfoderando la gamma dinamica di un crooner che, dopo averle prese di santa ragione dalla vita, si vendica amando ancora. I suoi testi raccontano di affettività implose e cattive abitudini dure da abbandonare.

Grace è un pamphlet che parte dai Joy Division per riscrive le regole del perfetto singolo indie nel terzo millennio. Il video che ne ha accompagnato la pubblicazione, con un geniale e disturbante deep fake del Chris Martin di Yellow, riassume efficacemente l’estetica di un lavoro che trova proprio nei contrasti cromatici una nuova solidità.

Per raccontare Dance è invece sufficiente accennare ai featuring vocali di James Murphy and Nancy Whang (LCD Soundsystem), dettagli sufficienti a spoilerare, con millimetrica precisione, l’architettura di un brano che dà sfogo al proprio fascino, ricorrendo ad una ritmica ossessiva e sbilenca. A chiarire definitivamente i termini di questa nuova gestione ci pensa però l’incedere cantautore di A Gospel, il cui piano si arrampica sulle pareti di un’ambient minimale, capace di disegnare uno scenario completamente inedito per i nostri. Come se non bastasse, in Gratitude, a tratti, sembra quasi di distinguere l’ombra di Jim Morrison che ondeggia all’interno di una densa nebbia elettrica.

Dietro l’eccentricità di un titolo come Hall & Oates si nasconde un’abrasiva ode all’amicizia, surrealmente imparentata con gli Hives, resa involontariamente ironica a causa della recentissima, aspra causa legale che, dallo scorso dicembre, vede contrapposti i due musicisti americani.

La chiusura, affidata alla solitudine di un sax preso in prestito a Pharoah Sanders ed appeso in coda al blues impressionista di Monolith, è un esemplare cliffhanger per il prossimo capitolo di una discografia già fieramente sopra le righe. Sospeso tra l’irresistibile “No God, No King, I Said Love Is The Thing” di Grace ed il “Freduenfreude” (dal tedesco: provare gioia per i successi degli altri) di POP POP POP, TANGK ti sbatte in faccia una nuda sincerità che esibisce, con fierezza, tutta la propria vulnerabilità. Sorprende (e conforta) che un simile dispiego di coraggio, indomito e niente affatto docile, sia riuscito a guadagnarsi la vetta della Albums Chart britannica. A poche settimane dall’analogo exploit compiuto dalle The Last Dinner Party il 2024 mette già in chiaro i suoi più nobili intenti.

8/10

Tracklist

1. IDEA 01
2. Gift Horse
3. POP POP POP
4. Roy
5. A Gospel
6. Dancer
7. Grace
8. Hall & Oates
9. Jungle
10. Gratitude
11. Monolith

Band

Jon Beavis – batteria, cori
Mark Bowen – chitarra solista, elettronica , tastiere, programmazione , cori, produzione
Adam Devonshire – basso, cori
Lee Kiernan – chitarra ritmica, cori
Joe Talbot – voce solista, grafica, design

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