C’erano un italiano, uno svizzero e un inglese, ma non è una barzelletta, è la formazione di una formidabile band di Basilea chiamata TOAD che ha rischiato di disintegrare gli impianti stereo di mezza Europa semplicemente appoggiando la puntina sul vinile.

Un brutto giorno di inizio Novembre ci lascia a 72 anni Vic Vergeat, nome d’arte per Vittorio Vergeat, chitarrista nativo di Domodossola che ha trovato il proprio posto nell’olimpo del rock in Svizzera fondando il gruppo Toad, un trio potente di derivazione rock-blues che si è trasformato nel tempo in hard-psychedelic-blues e diventando un’icona per gli amatori e i collezionisti di dischi di quel benedetto decennio che parte dal 1970.

Il nostro illustre connazionale comincia pensate un po’ collaborando con gli HAWKWIND (già basterebbe per chiudere l’articolo con abbastanza arrosto nel piatto) per poi spostarsi in quella Svizzera che a breve lo adotterà nel migliore dei modi osannandolo e considerandolo un idolo nazionale.

Prima di parlare di uno dei miei gruppi preferiti, i TOAD appunto, menzioniamo i pochi e semi-sconosciuti artisti con i quali ha collaborato e perchè non cominciare proprio con il Maestro Ennio Morricone? Ora che ho gettato la bomba continuo con gli artisti italiani che ne hanno chiesto un contributo quali Gianna Nannini, Renato Zero (il chitarrista rock ha sempre avuto fascino per i protagonisti del “pop”), gli americani Aerosmith, l’istrione David Hasselhoff (si lui, quello di Bay Watch), Gotthard e infine Marc Storace, voce degli svizzeri KROKUS.

Ed è proprio in terra a stelle e strisce che incide i propri lavori solisti e si fa apprezzare come musicista singolo piazzandosi pure bene in classifica dei dischi venduti.

Ma passiamo ai Toad fondati nel 1970 assieme al bassista Werner Fröhlich e al batterista Cosimo Lampis, formazione di chiara impronta blues all’inizio che poi declina in modo più violento nell’hard solido e nevrastenico.

E’ del 1971 l’album omonimo “Toad” che vede la perla “A Life That Ain’t Worth Living” primeggiare, a mio parere, e che mette subito in chiaro quali siano le intenzioni del trio:

Un Vic tanto affabile ed amichevole di persona quanto passionale nella chitarra, un approccio violento quasi a voler torturare la sei corde; un esempio è il brano “They say I am mad” dello stesso album in cui sembra di ascoltare un incontenibile Billy Gibbons sotto steroidi.

Passa solo un anno e arriva “Tomorrow Blue”: le atmosfere si fanno più cupe e l’inchino al blues si fa più lontano, meno marcato, si entra a piè pari nell’hard rock che non dà quartiere e non chiede quartiere, la voce è sofferta, passionale, il basso cuce, tiene e amalgama con maestria unica e il nostro eroe sciorina riff taglienti senza farsi pregare.

Dreams” arriva nel 1975 con un taglio molto più leggero; torna il blues che smussa molto gli angoli mentre la coda psichedelica non si avverte più lasciando il posto quasi al funky.
A mio parere finisce l’epoca Toad, anche se nel 1993 esce “Hate to Hate”, di mescita più semplice essendo a base di allegro rock’n’roll e che vede nel cambio di voce una grossa perdita.
Gli anni seguenti sono quelli delle mille collaborazioni e dell’avventura solista che lo portano in giro per il pianeta fino alla fine del decennio odierno.

Una veloce malattia lo toglie agli affetti della famiglia e ai suoi numerosi estimatori, è la Musica tutta che ci rimette, “They may say I am Mad, but I love him”.

DISCOGRAFIA

1971 – Toad
1972 – Tomorrow Blue
1975 – Dreams
1993 – Stop This Crime
1995 – Hate to Hate
2003 – B.U.F.O (Blues United Fighting Organization)
2004 – Behind the Wheels

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