Entro nella meravigliosa piazza che è stata scelta per il live di domenica 25 giugno 2023 (Anfiteatro Camerini, val la pena visitarla se si viene da queste parti). Stavolta ho fatto le cose come si deve: poltronissima, a 3m dal palco, davanti a me neanche una transenna, solo gli erculei ragazzi della security si frappongono tra me e le casse spia. La giornata è meravigliosa, cielo terso, aleggiano una calma e una tranquillità che mettono buonumore. Sul maxischermo dietro gli strumenti campeggia la scritta “su specifica richiesta degli artisti, si prega di non fare uso del telefono cellulare durante lo spettacolo”. C’è chi sbotta, chi dice “hanno ragione” (non tantissimi), chi come me è un po’ dispiaciuto, ma nello stesso tempo pensa che per un artista vedere migliaia di telefonini puntati in faccia per 2 ore e mezzo non sia proprio il massimo.

Alle 9 e 10, sulle note dell’intro di “Even Less“, entrano Randy McStine, Richard Barbieri, Gavin Harrison e Steven Wilson (rigorosamente a piedi nudi come sempre).

…e per 3 ore mi portano in un altro mondo, un mondo che avevo sognato, sperato di vedere ed ascoltare, ma che mai avrei pensato essere così stupefacente, così intenso, così coinvolgente.

Il neo del live, pesante come un macigno, è l’assenza del bassista Nate Navarro, dovuto scappare a casa per gravi problemi familiari, quindi basso registrato; Steven Wilson, da buon sodale, più e più volte lo ricorderà, e sottolineerà i passaggi di basso più potenti piazzandosi nel posto in cui dovrebbe essere stato Navarro, e fendendo l’aria con plateali movimenti del braccio, cercando il più possibile di renderlo “partecipe” anche se virtualmente.

Gavin Harrison, come sappiamo, è talmente bravo che non c’è molto da dire. Una macchina da guerra dotata di potenza e precisione chirurgica; colora ogni pezzo con poliritmi, ghost notes e chi più ne ha più ne metta, e suona con un gusto e una passione tali che se non stai attento ti guardi solo lui per tutto il concerto e ti perdi tutto il resto.

Richard Barbieri (verrà chiamato a più riprese dal pubblico, che lo adora), è l’architetto delle atmosfere del live; piazza ceselli e intarsi che vengono da ogni luogo e da ogni tempo, creando suoni, melodie e tappeti sonori che sono, di fatto, il suono dei Porcupine Tree. Imprescindibile gigante.

 

Ma la vera sorpresa del concerto è il turnista scelto per accompagnarli in questo tour: un maestoso Randy Mcstine, proprio davanti a me. Fa tantissimo, canta, suona la chitarra con un gusto immenso e in modo sopraffino (sono per metà suoi gli assoli del concerto), è un vero protagonista dello show assieme agli altri.

Steven Wilson è sereno, disteso, generosissimo e incredibilmente loquace (ne pesco una a caso):

“per noi è strano suonare davanti a un pubblico seduto, è un po’ come essere l’unica persona che balla ad un party. Ma vi state divertendo, vero?”

Ovviamente seguito da un boato del pubblico, che scalpita e che vorrebbe tanto alzarsi. Introduce le canzoni con aneddoti e immancabile british humor, canta e suona meravigliosamente, è bravissimo a non rubare la scena agli altri e anzi, a far risaltare gli altri componenti del gruppo, lascia tantissimo spazio a McStine.

Il lotto parte con “Blackest Eyes“, seguita da due (stupendi) pezzi dall’ultimo album: “Harridan” e “Of the new day“. Io sono completamente travolto da un turbinio di emozioni e dal muro di suono. Sono passati solo 15 minuti e sono assolutamente rapito, ma non riesco a tirare il fiato, perché Wilson introduce quella perla di “Mellotron Scratch” dall’amato e odiato “Deadwing” del 2005 e a seguire una potentissima, meravigliosa, immensa “Open Car” travolge il pubblico. Pelle d’oca, occhi lucidi, battito accelerato, andiamo avanti, chissà se riusciranno a far meglio di così…
Manco a dirlo.

Si susseguono 5 canzoni della loro discografia recente (“The sound of Muzak” e “Last chance to evacuate planet Earth before it is recycled” di questa sera me le ricorderò a vita) una più bella dell’altra, ognuna un vero e proprio capolavoro prog (parola che oggi può voler dire tutto o niente, ma se esiste ancora, il prog di oggi sono Loro).

Porcupine Tree live Roma 24-06-23

E infine arriva. Del resto la aspettavamo tutti. Quando Wilson dice “ora suoneremo qualcosa di molto lungo” parte un boato del pubblico.

Anestethize“.

Per 20 minuti veniamo presi, portati via lontano dallo spazio e dal tempo, nel mondo incredibile che è questo monolite che dura si 20 minuti, ma è tanto intenso e stupefacente che non te ne accorgi nemmeno, anzi, vorresti non finisse mai.

Chiudono il set la splendida “I drive the hearse” (dal meno brillante “The Incident” del 2009) e “Sleep together“.

Infine arriva il momento più bello del concerto: le luci si spengono, la band esce di scena, e in barba a tutte le limitazioni in essere fino a quel momento, tutto il pubblico si alza in piedi, e come una marea montante si avvicina al sottopalco. I Porcupine Tree tornano sul palco accolti da un abbraccio collettivo, Wilson ci saluta “Ce l avete fatta ad alzarvi alla fine!”, questo dopo una catartica “Collapse the light into Earth” accompagnata dalle luci delle torce dei cellulari (che ormai hanno sostituito gli accendini ai concerti), che mi è entrata sottopelle facendomi tremare dai brividi.

“Non abbiamo singoli o hit famose nel nostro repertorio, ma c’è una canzone un po più famosa delle altre. Vorremmo salutarvi regalandovi questo pezzo. Grazie a tutti di essere stati qui stasera”.

Parte la meravigliosa “Trains“, l’ultimo viaggio, una gemma che chiude un set magnifico, dalla band che più di ogni altra mi ha coinvolto emotivamente negli ultimi 10 anni.

Esco frastornato dal concerto, scrivo a Randy McStine su Instagram

“non avete idea della bellezza che ci avete regalato questa sera”

So che non risponderà mai, ma voglio comunque condividere il mio pensiero.

Ma dopo appena 5 minuti mi risponde:

“Grazie Michele per le tue belle parole; ti auguro il meglio”.

Una sorpresa che chiude meravigliosamente un concerto intenso e bellissimo. Vado a letto felice come un bambino, sperando che non sia davvero (come ha detto recentemente Wilson) l’ultimo tour dei Porcupine Tree.

 

setlist

1. Blackest Eyes
2. Harridan
3. Of the New Day
4. Mellotron Scratch
5. Open Car
6. Dignity
7. The Sound of Muzak
8. Chimera’s Wreck
9. Last Chance to Evacuate Planet Earth Before It Is Recycled
10. Herd Culling
11. Anesthetize
12. I Drive the Hearse
13. Sleep Together

14. Collapse the Light Into Earth

15. Halo
16. Trains

 

Foto di copertina di Michela Polito del concerto di Roma per mancanza di accredito fotografico. Gallery completa qui.

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